Mi dispiaceva aver parlato di Sepùlveda solo per commentare negativamente uno degli ultimi suoi libri. Ho quindi ripreso in mano questo breve romanzo, grazie al quale S. raggiunse il successo, e che all’epoca mi piacque molto.
Sarà che sono diventato una vecchia buccia, ma la rilettura di oggi mi ha colpito meno, forse anche perché il tema del romanzo, vale a dire lo scempio della foresta amazzonica da parte dell’uomo avido e senza scrupoli, allora relativamente nuovo (il romanzo è stato scritto nel 1989), oggi è diventato tristemente vieto, mentre le cose sono ulteriormente precipitate.
Antonio Josè Bolìvar, il vecchio protagonista, è un bel personaggio romantico, schivo e delicato, che la follia dell’uomo ha spinto a rintanarsi sempre più nel cuore della splendida e dura foresta ecuadoriana, assieme alla altrettanto splendida fauna che la abita, fra cui una femmina di tigrillo, resa pazza dal dolore per l’insensata violenza di uomini rozzi e rapaci, con la quale è costretto ad ingaggiare un mortale duello.
Il libro è ben scritto e vale senz’altro la pena di leggerlo o rileggerlo.
Poronga