Il Grande Nord

Viaggi di carta. Il miglior modo per arrivare in un posto, carichi di suggestioni.

Non dimenticherò mai le sensazioni del mio primo, viscerale incontro con la terra di Sicilia. Ho ancora impressa nella memoria una bianca scalinata, a Ragusa Ibla, ombreggiata da un enorme albero di fico cresciuto tra le pietre sconnesse dei gradini, sentendo sulla pelle la lama degli occhi nascosti dietro le gelosie, con le parole di Bufalino nelle orecchie.

Ma a volte si fa il percorso inverso. Un recente viaggio nelle luminose notti estive del circolo polare artico mi ha lasciato dentro la nostalgia di quei paesaggi che ho visto bruni di terra e trasparenti d’acqua, acqua, acqua ovunque, ma per dieci mesi all’anno sono invece fatti di bianco e ghiacci.

foresteIl primo libro che ho letto al mio ritorno è stato un piccolo manuale di sopravvivenza a 30° sotto zero: Nelle foreste siberiane di Sylvain Tesson. Si impara come trascorrere un inverno da soli in una capanna di legno cinque metri per tre, con ampie provviste in scatola, un’accetta per tagliare la legna, un fucile e due cani per difendersi dagli attacchi degli orsi, in compagnia di una lunga, molto lunga, lista di libri, diverse casse di vodka e un paio di pattini per volare sul lago Baikal (e rischiare di non fare più ritorno alla propria capanna se si viene sorpresi da improvvise raffiche di vento che spingono lontano su quella liscia distesa ghiacciata con una forza ben superiore a quella che può opporvi qualsiasi paio di gambe, per quanto muscolose e ben allenate).

Una storia che illumina sui lunghi momenti di solitudine e gli inebrianti entusiasmi di un’esperienza estrema, ma lascia un poco deluso chi sia in cerca, piuttosto, della mappa di un paese sconosciuto.

 

 

neveUna favola, invece, come La bambina di neve di Eowyn Ivey riesce con grande suggestione a ricreare le atmosfere dei lunghi inverni ghiacciati in Alaska e

di una natura ostinatamente impervia a qualsiasi tentativo dell’uomo di addomesticarla. Bellissimo l’inseguimento della ragazza tra i boschi gelati, la sposa vestita di piume di cigno, simbolo di un sogno di felicità destinato a sciogliersi come neve al sole.

 

 

 

 

 

slittaMa il più bello dei libri sui lunghi inverni del Grande Nord che ho letto in questi mesi è quello di un etnologo, il danese Knud Rasmussen che nel 1921 parte per un lungo viaggio in slitta che lo porterà dalla Groenlandia lungo il Mare Glaciale fino alla Siberia e all’Alaska. Un viaggio tra i ghiacci che dura tre anni e 18.000 chilometri, sulle tracce degli Inuit per raccogliere racconti, canti, leggende, storie di una vita quotidiana durissima che s’illumina di scoppi d’allegria e selvaggia spensieratezza per l’arrivo di una slitta che trasporta ospiti inattesi o perché una caccia fortunata ha scongiurato la morte per fame dell’intero accampamento.

«Aua mi guardò negli occhi e, indicando, il ghiaccio che la tormenta spazzava come onde, disse: “Per cacciare bene e vivere felici, le persone hanno bisogno del tempo tranquillo. Perché allora questa continua bufera di neve e tutte queste immotivate difficoltà per chi deve cercare il cibo per sé e per coloro che ama? Perché? Perché?”

…”Ecco vedi”, disse Aua, “nemmeno tu sai dare spiegazioni quando ti chiediamo perché la vita è come è. E così dev’essere. Tutti i nostri usi vengono dalla vita e vanno alla vita, noi non spieghiamo niente, non crediamo niente, ma in ciò che ti ho ora mostrato stanno le risposte.”»

la signora nilsson

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