Antonia Byatt “Possessione”

PossessQuesto celebrato libro mi ha deluso.

Cito dalla scheda che a suo tempo mi ero scritto; la posto sperando che qualcuno fra i molti cui il libro è piaciuto mi spieghi perché, visto che a me è parso rientrare nella categoria dei grandi sopravvalutati.

“ Un critico letterario molto precario che si occupa specialisticamente di un poeta inglese dell’ ‘800, Randolph Henry Hash, durante le sue ricerche scopre per caso, nascoste nelle pagine di un libro appartenuto al poeta, le minute di alcune lettere, abbastanza appassionate, scritte a una non ben identificata donna.

Grazie alle sue ricerche, e all’aiuto di un’altra studiosa, specializzata in un’altra autrice dell’epoca, Christabel La Motte, il giovane critico può concludere con certezza che quest’ultima era la destinataria delle missive.

I due studiosi scoprono un fitto carteggio intervenuto fra i due e iniziano a esaminarlo…

250 pagine circa per arrivare fino a qui.

Già il romanzo è lentissimo e verboso; in più ci si mette il carteggio, micidiale, fra Henry e Christabel, che dopo alcuni per me penosi tentativi, ho praticamente saltato a piè pari.

Intravisti altri ponderosi carteggi, e senza alcuna speranza che l’andamento generale del romanzo -presumibilmente destinato a rappresentare il fiorire dell’amore fra i due giovani studiosi parallelamente alla scoperta dell’amore fra i due letterati- potesse mutare (altre 250 fittissime pagine!), lo ho chiuso non solo senza rimpianti, ma anche con un certo sollievo.”

Insomma, la Corazzata Potemkin…

Poronga

 

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Antonia S. Byatt

byattAvevo promesso di parlare sull’Asino di Antonia S. Byatt, che a mio giudizio è una delle più brillanti, e complesse, autrici contemporanee.

Di lei lessi, e ho di recente riletto, ‘Possessione’, forse il suo romanzo più famoso, un libro lussureggiante, coltissimo, una sorta di caccia al tesoro nella giungla della letteratura romantica. Bellissimo, denso e avvinghiante, una festa dell’intelligenza.

Poi fu la volta di un libricino di racconti, uscito in italiano con il titolo ‘La Cosa nella foresta’, molto inquietanti, “neri” come diceva il titolo in inglese, non tutti altrettanto belli, anche se vi compare uno dei racconti più affascinanti che io abbia mai letto, in cui una donna si fa creatura di pietra. Un’enigmatica metamorfosi lenta e ineluttabile di grande suggestione.

Quando uscì, qualche anno fa, è stata la volta del ‘Libro dei bambini’, un altro romanzo ricchissimo, in cui storie su storie nascono, si intrecciano,  traggono forza e significato le une dalle altre. E la bellezza dell’arte viene a contrastare la violenza della guerra, la prima, mondiale, o per lo meno ne rende sopportabile l’assurdità, la ferocia devastante.

Infine, questa estate, ‘La Torre di Babele’ e ancora una volta sono rimasta incantata dal talento di A.S. Byatt, abilissima narratrice di storie e al contempo lucida investigatrice di idee. Anche questo romanzo ha una struttura polimorfa, stratificata, in cui storie e idee, personaggi ed eventi si intrecciano a creare un insieme, un ‘organismo’ direi quasi, che si alimenta di ordine e di armonia, di connessioni e coerenza, ma anche, in ugual modo, di disordine, di collisioni casuali, rumori di disturbo. Poiché, ci suggerisce l’autrice attraverso una citazione di D.H. Lawrence, il romanzo è “l’unico, luminoso libro della Vita. Nell’unico, luminoso libro bisogna includere tutto, il Verbo fatto carne, l’arcobaleno, gli astri, l’Uno”.

Così questa storia, che è la storia di Frederica, “una donna magra”,  un’intellettuale, una donna “che ama le parole, fiera, indipendente, ribelle”, che dimostrerà di saper lottare per quel “piccolo spazio mentale di libertà” senza il quale non sa vivere, questa storia dicevo, diventa un libro sui libri, sul piacere di leggere, sulla letteratura e sulla lingua come “forme di vita” e funzioni del pensiero. Un libro inquietante, e molto, a tratti sino al punto di diventare ripugnante, sulla sofferenza, sulla crudeltà, sul Male e la follia; ma anche un libro sull’amore, l’amore dei corpi e quello spirituale, salvezza dell’anima, l’amore materno e l’amore tra uomo e donna. E un grande affresco dei favolosi anni sessanta, quelli dei Beatles, ma anche quelli del Marat-Sade, di Genet e Antonin Artaud, di William Burroughs e delle nuovissime ricerche delle neuroscienze.

C’è davvero tutto questo nella ‘Torre di Babele’. E non lasciatevi ingannare, non crediate che sia un libro noioso, o sovrabbondante, tronfio, greve. Anzi. A differenza di tanti autori arroganti e compiacenti, verbosi o ipocriti, a ogni passo A.S. Byatt fa del lettore parte integrante del processo di creazione e di elaborazione intellettuale. Chi legge viene chiamato in causa di continuo, a interpretare, immaginare, sentire. E per questo assapora ogni pagina, ogni citazione, ogni giro di frase, ogni immagine.

la signora nilsson