Margaret Atwood “I testamenti”

atwicona-voto-asino2Gilead è uno Stato confinante col Canada; vige una teocrazia puritana dominata dagli uomini, nella quale le donne sono confinate in una struttura autarchica diretta da una certa Zia Lydia (peraltro sotto gli ordini dei capi maschi) e divisa in una serie di classi: le Zie, le Marte, le Mogli, le Ragazze Perla , le Supplicanti, le Ancelle, che sono le ultime della gerarchia e alle quali viene affidato il compito di sbranare con denti, unghie ecc. i condannati a morte. Poi ci sono gli Occhi, i Nonbambini e svariate altre misteriose categorie di cui viene spiegato poco o nulla. Continua a leggere

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Margaret Atwood “L’assassino cieco”

atw.pngQuesta è bella: riconosco che Atwood è una scrittrice ingegnosa e di talento ma questo romanzo proprio non mi è piaciuto.

La protagonista, Iris Chase, oramai al termine della sua vita, scrive, credo di aver capito per la nipote Sabrina, la saga della sua famiglia. Siamo in Ontario, nella cittadina di Port Ticonderoga, dove il nonno di Iris fonda una fabbrica per la produzione di bottoni, e poi altre di abbigliamento, che segnano la fortuna della famiglia.

A lui segue il figlio, e padre di Iris, che torna orbo e zoppo dalla grande guerra, ma soprattutto segnato dagli orrori vissuti e stretto in una cupa solitudine che annega in solitarie bevute notturne. Uomo di grande rettitudine, assiste al declino delle sue fortune, per ovviare al quale Iris viene data in sposa a Richard Griffen, un orrido industriale rampante, che la fagocita spalleggiato dalla altrettanto orrenda sorella e sua (di lui) nume tutelare, Winifred.

La principale protagonista del romanzo è però la sorella di Iris, la ribelle Laura. Laura fin da bambina si dimostra una persona molto particolare, che per esempio ritaglia dalla Bibbia le parti che non le piacciono o colora le sacre foto di famiglia sulla base di come lei vede (in genere male) le persone ritratte. Ha anche una strana e precoce forma di misticismo religioso.

Laura inizia (mi pare: il libro è così complicato e oserei dire farraginoso che pur avendolo appena finito faccio fatica a ricordarmelo) una relazione con un giovane sindacalista, Alex Thomas, antagonista del padre di lei.

Qui si innesta, e procede a flash, un romanzo nel romanzo, ossia la storia fra Laura e Alex (non vengono mai nominati ma credo di aver capito che sono loro): sostanzialmente vengono descritti gli incontri amorosi fra i due, perché l’uomo è braccato (credo di aver capito che è reduce dalla guerra civile in Spagna) e dorme costantemente in luoghi diversi, normalmente abbastanza sordidi. Questa, e in particolare i dialoghi fra i due, è la parte migliore del libro. In questo romanzo se ne inserisce poi un altro (ne abbiamo quindi in tutto tre) che è costituito dal racconto a puntate che, generalmente dopo aver fatto l’amore, Alex fa a Laura; si tratta di un romanzo di fantascienza ambientato nel pianeta Zycron, che ha per protagonisti un assassino cieco e una ragazza cui è stata tagliata la lingua, e che ho trovato abbastanza micidiale e sconclusionato (ma forse mi è sfuggito qualcosa).

In questo bailamme il punto focale è rappresentato dalla morte per apparente suicidio di Laura (nel frattempo diventata scrittrice di culto, ma poi si apprende che il libro lo ha scritto Iris), che apre il romanzo.

Alla fine si scoprono una serie di cose assai disdicevoli su Richard Griffen (per esempio che ha fatto internare Laura in una clinica psichiatrica, per non dire altro), fino a quando Iris muore.

Il personaggio più bello del libro mi è sembrata Reenie, la fedele e granitica governante e tata di Iris e Laura, inesausta nello sfornare a getto continuo sentenze, adagi, e soprattutto bizzarre affermazioni come quella secondo cui i bambini sono fatti con la pasta del pane o che succhiare i ghiaccioli che si formano sotto tetti e finestre fa prima diventare nera e poi cadere la lingua.

Questo lungo romanzo, come credo si sia già capito, mi è sembrato sovrabbondante, difficile da seguire, scritto in uno stile personale ma stancante. E soprattutto noioso; il che per un libro di narrativa credo sia uno dei difetti peggiori.

Premio Pulitzer 2000. Che sia io che non l’ho capito?

Poronga