Splendido ritratto di un uomo alle prese con la fede. Un corpo a corpo senza esclusione di colpi, una lotta che esige sudore, fatica, sangue versato. E umiltà.
Un racconto teologico, come dice l’autore nella premessa, che rivela la bellezza dell’uomo in tutta la sua commovente nudità, un uomo reso divino dalla propria umanità e null’altro.
Nel suo ultimo, bellissimo libro Erri De Luca riesce finalmente a unire le sue doti narrative e il suo gusto per una lingua tanto scabra e intensa da rasentare la violenza della parola profetica, alla tensione spirituale che da anni lo spinge a scavare nelle Scritture alla ricerca di ciò che rende la fede inevitabile. Necessaria.
Mi ha ricordato, per contrasto, un altro libro bellissimo non a caso anch’esso incentrato sulla figura di Cristo crocefisso e di quei profughi che oggi ne rivivono le sofferenze: Il sangue di San Gennaro di Sándor Márai.
Mentre Márai, tuttavia, sceglie la strada di una sfarzosa opulenza linguistica per giungere a guardare la realtà attraverso la lente rivelatrice di una visionaria follia, De Luca percorre il cammino inverso. Sceglie di denudare la lingua, spogliare il racconto di tutto il superfluo per spingersi sempre più leggero verso la cima, vale a dire verso quel luogo che a chi osserva da terra può apparire un traguardo, un luogo di verità dove finalmente il cielo svela alla terra i suoi segreti, ma che ogni scalatore sa essere soltanto una bufera di venti, un approdo da cui è possibile soltanto tornare, per scendere di nuovo, e immergersi nel nostro destino di uomini.
Ho sempre pensato che Erri De Luca non sarebbe più riuscito a ripetere il miracolo della potenza lirica ed essenziale di Montedidio, ma mi pare che con questo libro di sia stato capace di scavare dentro l’animo umano con una sincerità e una potenza degna di certe pagine di Tolstoji.
la signora nilsson