Kader Abdolah “Un pappagallo volò sull’Ijssel”

ab.pngicona-voto-asino2icona-voto-asino2icona-voto-asino2Credo di aver letto tutti i libri di Abdolah tradotti in italiano e non sono mai rimasto deluso. Questo è diverso dagli altri, non è il migliore ma è comunque bello, ed è anche il più interessante per il coraggio con cui tratta un argomento oggi spinosissimo in Europa, la presenza massiccia di migranti e il modo corretto di trattarli ed integrarli.

E’ un romanzo corale, in cui conosciamo diversi protagonisti, e alla storia di ognuno di loro ci appassioniamo, per la grande abilità di narratore di Abdolah e perché probabilmente in ognuno c’è qualcosa della sua vicenda personale di rifugiato politico. L’unica cosa che li accomuna è la provenienza da paesi di religione islamica, per il resto sono diversissimi, ma tutti hanno la loro dignità umana e tutti devono affrontare i problemi della vita in un nuovo paese.

Già il modo in cui viene descritto il centro di accoglienza dà il tono a tutto il libro: “Chi entra per la prima volta in un centro d’accoglienza si spaventa di ciò che vede. centinaia di estranei, uomini con barba o senza, donne musulmane in abiti lunghi, donne russe in minigonna, bulgare incinte, bambini mongoli in bicicletta, profughi di guerra somali, piccole madri cinesi con neonati in braccio, poeti iraniani, attori bosniaci, armeni turchi, ribelli curdi, ex principi, re destituiti, bellezze afghane, criminali, ex guerriglieri, generali di lungo corso, narcotrafficanti, puttane, spie, ladri, impostori, martiri, biondine olandesi, cani e gatti locali, tutti quanti mescolati insieme.”

La storia comincia negli anni ’80 e il primo personaggio che incontriamo – e resterà poi il principale – è un uomo semplice, tutto sommato felice della sua vita ma che scappa dall’Iran per un motivo preciso: la figlia di sei anni ha una grave malattia che, spera, in Olanda potrà essere curata. Per entrare in Olanda però deve chiedere asilo politico, e per questo si inventa una identità e una nazionalità diversa dalla sua, e poi resterà per il resto della sua vita legato a un nome che non è il suo. Al centro di accoglienza conosce gli altri protagonisti del romanzo, che verranno poi ospitati in quattro villaggi vicini, tutti sulle rive del fiume Ijssel. Oltre all’abilità di Abdolah di farci appassionare alle storie dei suoi personaggi, vediamo come all’inizio la tollerante Olanda accoglie con generosità questi stranieri, ma con il passare degli anni e gli arrivi sempre più massicci le cose mutano. In un misto di finzione e realtà, con eventi storici come gli omicidi di un famoso regista e di un politico olandese, il sorgere e rafforzarsi di partiti xenofobi, fino ad arrivare all’11 settembre e le sue conseguenze, il clima diventa sempre più ostile e la vita più dura per i migranti. Abdolah, che pure è perfettamente integrato nel suo nuovo paese tanto da avere scelto di scrivere i suoi libri in olandese in quanto ” lingua della libertà ” non è però indulgente, non solo sul piano politico dove non tace la presenza di episodi di intolleranza, ma neppure su quello emotivo. Fra Olandesi e stranieri infatti, pur nascendo rapporti di amicizia anche solidi, sembra quasi impossibile un amore duraturo, e quasi tutti i rapporti sentimentali, che pure nascono con le migliori speranze, finiscono poi con l’amara conclusione che le aspettative sono diverse, e generalmente gli Olandesi hanno meno voglia di impegnarsi in rapporti profondi di quanta ne abbiano i medio-orientali. Insomma, sembra banale ridurre la cosa allo stereotipo di popoli freddi e popoli caldi, ma questo pare essere ciò che succede.

I protagonisti – e l’Olanda – vengono seguiti per una ventina d’anni e le loro vicende si intrecciano e sono tutte interessanti e appassionanti, ma troppo complesse per cercare di farne anche solo un cenno. A rendere il libro ancor più affascinante c’è il fatto che, anche in questo, che è il suo romanzo più radicato nell’attualità, Abdolah mantiene il suo tono poetico e fiabesco, a volte anche un po’ surreale, tipico della tradizione letteraria persiana. E il pappagallo? E’ un classico simbolo della cultura medio-orientale. Qui è spesso antropoformizzato, osserva le vicende umane e le commenta con parole di saggezza, e a lui è affidato, nell’ultima riga del romanzo, un messaggio di speranza:Anche questo passerà “.

Traddles

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