Allan Bennett “Il vizio dell’arte”

bennettIl primo vizio dell’arte è mettere l’arte prima della vita.

Ma è anche chiamare a casa giovani marchettari, fare pipì nel lavandino, sentirsi vecchi e finiti a soli sessant’anni, quando neppure si è ammalati, e morirci poco dopo.

Sono soggetti a questo vizio scrittori e musicisti di fama, ed è proprio la fama, o meglio la fine della fama, che porta in scena il dramma.

La storia è tutta calata dentro l’arte, ma solo per mostrare il suo aspetto profano, non c’è spazio per il sacro, tutto è leggero e passeggero, come i fogli del copione che si consumano in prova sul palcoscenico. La vita stessa è prova, tentativo, abbozzo di qualcosa che mai si vedrà concretizzare. Tutto è profano, privo di valore, anche gli attori sono biechi esecutori, e l’autore del dramma manca di spessore drammatico quanto di empatia.

Eppure il libro è un elogio alla vita e al teatro, perché tutto è vero, credibile, umano, e conosciuto anche da chi si tiene lontano dall’arte. E’ una drammaturgia ma vola via come un romanzo, e già questo di per sé è degno di nota, perché dopo Shakespeare e Cechov è difficile per un autore teatrale farsi leggere e amare dai non addetti ai lavori.

Protagonisti assoluti sono gli uomini, interessati solo ad altri uomini – fra i tanti personaggi, le donne sono due, relegate e ruoli da figuranti. Sono uomini che possono permettersi il lusso di sbandierare la loro passione per il corpo maschile, in modo particolare per le ” parti basse “. Una grande conquista, Thomas Mann, presente nel testo come soggetto ispiratore, e Oscar Wilde che pure era temerario, doveva tenere tutto molto celato, scrivere per metafore, sposarsi per ottenere onorabilità. Ma la Londra di oggi è molto cambiata, come cambiato è il lettore medio, che sono certa apprezzerà questa brillante commedia, anche se i suoi gusti sessuali sono quelli più classici, perché oggi ” il sesso non è più occluso ” e nessuno meglio di Alan Bennett lo sa e orgoglioso lo proclama al mondo.

Insomma, anche se nelle prime pagine si fatica a entrare nella storia, perché tutto è doppio (c’è l’attore e il personaggio da lui interpretato, e in più ci sono attori sostituiti da altri, perché quel giorno sono assenti) <Il vizio dell’arte> è un libro da leggere e da regalare, innanzitutto perché Alan Bennett è un grande, un immenso conoscitore dell’animo umano; nessuno come lui è capace di mescolare vita e arte, teatro e sesso, trasformando il tutto in pane quotidiano, con l‘ingrediente base dell’arguta e piccante sagacia.

DA NON PERDERE.

Dora Squarcialenzuola    

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