Irlanda, anni ’50. Eilis è una ragazza forte e positiva. Con l’incoraggiamento della famiglia e le referenze del prete locale fugge da un futuro che non si preannuncia affatto roseo e parte per l’America, dove l’attende un altro religioso che fa parte della comunità irlandese ivi stabilita, e che può trovarle un lavoro come commessa.
Tòibìn racconta la partenza, il lungo e faticoso viaggio in piroscafo, le difficoltà che la ragazza trova, i miglioramenti che, passo dopo passo, la tenace Eilis consegue nella sua posizione sia personale che lavorativa.
Un grave lutto richiama Eilis in patria, e lì succedono altre cose belle e importanti cui ella non si sottrae, perché prima di essere una ragazza forte e pulita è una donna in carne ed ossa; cose che però la mettono in crisi.
Eilis si trova davanti a un bivio, sapendo che qualunque cosa farà, qualcuno soffrirà. Sceglie sapendo che le parole che descrivono la sua scelta “significheranno sempre meno per l’uomo che le sentirà e sempre più per lei”.
Consapevole di ciò, seduta sul treno che la porterà alla vita che ha deciso Eilis “quasi sorrise a questo pensiero, quindi chiuse gli occhi e cercò di non immaginare altro“.
Così si chiude questo bel romanzo.
Tiresia ha ragione: Tòibìn scrive con stile pacato e senza fronzoli, ma in modo nitido e preciso, e questa è certamente la sua forza.
Ciò detto non ho trovato questo romanzo imperdibile, e non lo metterei quindi nella paradossale lista dei libri che rimpiangerei di non aver letto. D’altra parte secondo me non si possono leggere solo capolavori, molto meglio essendo intermezzarli con buoni e onesti libri: e questo è sicuramente uno di quelli.
Un’ultima cosa: il romanzo, ambientato negli anni’50, mi è sembrato scritto negli anni ‘50, anche se è del 2009. Non so come e perché, ma ho avuto questa curiosa sensazione.
Poronga