A me Tabucchi piace (uso il presente perché gli scrittori hanno il privilegio di non morire mai completamente, almeno quando si parla dei loro libri).
Mi sono trovato per un caso a rileggere “Pereira”, confermandomi nell’opinione che è il suo miglior libro.
Mi è in particolare piaciuto il modo col quale viene descritto il silenzioso e crescente disagio e isolamento del mite Pereira, responsabile e unico collaboratore della pagina culturale di un quotidiano pomeridiano di Lisbona, nell’onda montante del totalitarismo salazariano.
Pereira dice più volte di non occuparsi di politica, ma a un certo punto si trova a dare ospitalità a due ragazzi impelagati fino al collo in attività contro il regime, prende anche un sacco di legnate, ma alla fine riesce, prima di andarsene dal Paese, a dare un suo piccolo colpo di coda.
Anche la trama è a suo modo ingegnosa e insolita.
Nel rileggere il libro ho colto l’echeggiare dello stile nientedimeno che di Saramago, di cui T. sembra un bravo nipote.
Forse ho visto anche il film con Mastroianni; eppure continuo a credere che l’interprete ideale di Pereira sarebbe stato, pensate un po’, Gino Bramieri.
Poronga