Dopo averne accennato non posso esimermi dal parlare di quello che credo sia il libro più bello e impressionante che ho letto negli ultimi anni.
Un uomo e il suo bambino, stanchi e senza neanche più la forza per essere disperati, trascinano le loro poche e misere cose su un carrello del supermercato e cercano di andare al sud, perché fa freddo e morirebbero.
Non si sa cosa è successo: è tutto bruciato -cenere ovunque- , non ci sono più animali, neppure un filo d’erba è sopravvissuto; morti incartapecoriti ovunque, desolazione e disfacimento, non si sa perché, non si sa come, non si sa quando.
Le strade liquefatte e poi risolidificatesi in modo informe sono battute da bande di uomini imbelviti.
I due vivono alla giornata, dormono dove possono, mangiano quel che trovano, hanno una pistola con solo due colpi, più per uccidersi alla bisogna che per difendersi.
Insomma, “Cecità” di Saramago, che questo libro ricorda e a cui questo libro secondo me è senz’altro superiore, a confronto è una passeggiata di salute.
Eppure in questo inimmaginabile, aspro e disperato inferno c’è ancora qualcosa di sublime: l’amore dell’uomo per il figlio e soprattutto la disarmante innocenza di questo bambino, che chiede al padre continua rassicurazione sul fatto che loro sono “i buoni”, che non ammazzeranno nessuno, che non fanno torto a nessuno.
Anche quando il padre, un vero leone di coraggio, forza morale e capacità, trova un bunker pieno di ogni bendidio il bambino vuole garanzie che non stanno facendo nulla di male, che quella è roba appartenuta a gente che non può più servirsene.
E poi ci sono i dialoghi fra i due: toccanti, più che essenziali, meravigliosi.
“Dobbiamo andare avanti, disse l’uomo. Forza.
Non ci vedo.
Lo so. Facciamo un passo per volta.
Ok.
Non mi lasciare la mano.
Ok.
Qualunque cosa succeda.
Qualunque cosa succeda.”.
E’ un libro scabro, essenziale, affilato.
E’ un libro che racconta quello che ci prega di non diventare, e che purtroppo gli uomini talvolta sono già stati.
Non commuoversi credo sia impossibile.
Il mondo che conosciamo e irrimediabilmente perduto. C’è un senso di irreparabilità totale.
Il finale è veramente lancinante, ma alla fine McCarthy lascia un piccolo barlume di speranza.
È una vera ingiustizia che uno scrittore così non riceva il Nobel; passi Modiano, meglio Aleksievic, ma McCarthy e tutta un’altra cosa.
Poronga