Siamo al quarto episodio delle avventure del commissario – scusate, vicequestore – Rocco Schiavone, già pluri-recensite sull’Asino. Questo e il terzo, Non è stagione, formano in realtà un binomio inscindibile, quindi se vi interessa vi consiglio comunque di leggerli in sequenza, perché qui abbiamo la prosecuzione di due indagini che erano iniziate lì. Una era al centro di Non è stagione – il rapimento di una ragazza e le infiltrazioni mafiose ad Aosta -, ma si riapre con sviluppi inaspettati, mentre l’altra riguarda Schiavone molto da vicino, perché è stata uccisa una sua cara amica, fidanzata del suo miglior amico, e per di più da qualcuno che ha sbagliato bersaglio e in realtà voleva uccidere lo stesso Schiavone. Questa seconda indagine in particolare lo porterà a tornare nella sua città, Roma, e questo ci rivelerà alcuni aspetti del suo passato personale e professionale che nei primi tre episodi erano solo accennati.
Questa, molto in breve, la trama. Devo dire che, pur avendo apprezzato i primi tre episodi, questo mi ha un po’ deluso. E non per il plot, che mi sembra ben congegnato – del resto, non sono affatto esperto di gialli – ma per il delinearsi delle caratteristiche di Rocco Schiavone, che mi sembra stia mostrando un po’ la corda. Abbiamo capito che certe asprezze del suo carattere, e anche certe vere e proprie scorrettezze sul piano professionale, sono dovute al fatto che è impossibile restare dei fiori di campo in una società che è profondamente marcia. Ma questo ce lo aveva già mostrato benissimo Abel Ferrara ne Il cattivo tenente. Alla lunga la cosa sembra un po’ imboccare una strada senza uscita, soprattutto se allo stesso tempo ci si vuol far capire che sotto quella dura scorza batte un cuore d’oro che solo una certa forma di machismo tiene nascosto. E anche il fatto che in questo caso c’è un fortissimo coinvolgimento personale non sembra essere una giustificazione sufficiente.
Recensendo il primo episodio della serie Mr. Maturin ci aveva detto che Schiavone, almeno all’inizio, sembrava proprio uno stronzo. E’ su questo terreno che secondo me si giocherà nei prossimi libri la partita, e capiremo se Schiavone sarà un vero personaggio interessante nelle sue complessità o soltanto uno stereotipo del detective hard-boiled. Ad un certo punto, se la prende con un povero cameriere la cui unica colpa è quella di lavorare per dei ricchi industriali apparentemente rispettabili ma in realtà farabutti. Al consiglio di Schiavone di cercarsi un altro lavoro, il poveraccio osserva di non poterselo permettere perché ha tre figli. Al che la replica del nostro tostissimo detective è: ” E allora scopi di meno! “.
Io penso che si possa essere duri senza per forza essere stronzi. A Manzini darò un’altra possibilità per vedere se il personaggio riprende quota, ma penso che sarà l’ultima. Anche io, quando ci vuole, so essere tosto, sia pure soltanto nei panni di lettore.
Tiresia
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