A me non piace quasi nessuno degli scrittori americani contemporanei, ma ho una predilezione per Cameron – fra l’altro, è stata anche la mia prima recensione per l’Asino – i cui libri non mi hanno mai deluso.
Questo è un romanzo doloroso, ai limiti del romanzo dell’assurdo, con atmosfere rarefatte, magiche, inquietanti. I due protagonisti – niente nomi, solo “ l’uomo ” e ” la donna “, a suggerire che potrebbero essere ciascuno di noi – affrontano un viaggio avventuroso che li porta fuori dal tempo e dallo spazio, in un paese dell’estremo Nord – forse la Finlandia – in un inverno perennemente buio e nevoso. Arrivano in una stazione fantasma, devono catapultarsi giù dal treno in corsa, le loro valigie rotolano come rocce nella neve – e questa metafora del treno in corsa tornerà nella scena finale, dove pure si sale sul treno in corsa, non c’è mai certezza e stabilità – ma poi, in questo paese sperduto e dimenticato da tutti, alloggiano in un hotel di gran lusso, frequentato da pochi personaggi enigmatici. Lo scopo del viaggio è di adottare un bambino, ma poi gli avvenimenti evolvono in modi imprevedibili che non racconterò.