Un piccolo libro scritto, credo, senza molte o alcuna ambizione letteraria e che, pure, è riuscitissimo.
Corona scrive racconti di non più di due-tre pagine; racconti di montagne, scalate, lavoro come boscaiolo e come cavatore, piccole avventure; quasi tutte in un intimo e profondo rapporto con la natura.
Non ha paura di parlare di bracconaggio o anche di furti compiuti, né del troppo bere. Una vita aspra ma sincera, senza mai rinunciare alla propria identità e quindi senza infingimento alcuno.
È probabilmente grazie questo che un uomo del genere, nato e a lungo vissuto povero, e probabilmente senza aver ricevuto una grande istruzione, è diventato un apprezzato scultore e scrittore e, quindi, in un suo personalissimo modo, uomo di cultura.
Ugualmente piacevole è stata la lettura de “Il volo della martora”, preceduto da una lusinghiera prefazione di Claudio Magris; anche qui racconti semplici, ma non privi di una capacità di fascinazione, spesso venati di un forte pessimismo e malinconia, sulla montagna, i suoi alberi, i suoi animali, la sua gente, e sui quali si proietta l’ombra della tragedia del Vajont.
Ho il sospetto che Corona sia poi diventato uno scrittore seriale, e quindi non ho letto altro, temendo di rimanere deluso. Sono però pronto a ricredermi, in caso di contrarie indicazioni.
Poronga