Liu Xiaobo è uno scrittore e poeta cinese che ha vinto il Premio Nobel. Ma non per la letteratura, bensì per la pace, per il suo impegno perché vengano riconosciuti i diritti civili previsti dalla stessa Costituzione cinese ma inapplicati. Il Premio gli è stato assegnato nel 2010 ma attende ancora di essere ritirato perché, come dissidente, è in carcere dal 2008 e ci starà sino al 2020 per reati unicamente di opinione. E’ soltanto la terza volta in oltre 100 anni che il Premio viene assegnato a un vincitore in prigione. I Cinesi si arrabbiarono moltissimo e interruppero le relazioni con la Norvegia. Per fortuna i giudici del Nobel non si fanno condizionare, ma pochi in Occidente vogliono inimicarsi la Cina, e Liu Xiaobo rischia di essere dimenticato. Adesso si trova in un carcere in Manciuria, sottoposto a un regime durissimo: non può leggere né scrivere, non ha contatti con nessuno, non può neppure parlare col suo avvocato, ha il diritto teorico di vedere la moglie una volta al mese, ma la moglie è da 9 mesi in ospedale, stremata dalle pressioni psicologiche alle quali viene sottoposta perché colpevole di non voler divorziare dal marito.
La strategia del governo cinese è chiaramente quella di isolarlo perché il mondo si dimentichi di lui. Nel mio – nostro – piccolo credo che sia giusto che sull’Asino ci sia una scheda col suo nome. L’unico modo per aiutarlo e per far sì che la sua battaglia non sia inutile è quello di mantenerne viva la memoria. Io non ho mai letto i suoi libri, ma ho visto che un paio sono stati tradotti in italiano e li leggerò. Spero che qualche Asinista lo conosca già e ne possa parlare. La prigione per i reati di opinione è già una cosa terribile, ma vietare ad uno scrittore di legger e scrivere è un annientamento che ha un significato anche simbolico persino più grave della prigione.
traddles