Di Carver sull’Asino è già stato detto parecchio. Sto rileggendo questo libro di racconti. Il primo è intitolato “Grasso” e parla di un uomo che solo, al ristorante, mangia, mangia tantissimo, un po’ vergognandosi. Tutto qui. Eppure …
Sentite l’incipit che roba:
“Sono seduta a bere caffè e fumare, a casa della mia amica Rita e le sto raccontando una storia.
Ecco cosa le racconto.
E’ verso la fine di un mercoledì fiacco che Herb fa sedere l’uomo grasso a uno dei miei tavoli.
L’uomo grasso è la persona più grassa che io abbia mai visto, anche se ha l’aspetto curato ed è vestito piuttosto bene. Tutto di lui è enorme. Ma sono le dita la cosa che ricordo meglio. Le noto per la prima volta quando mi fermo al tavolo vicino al suo per servire la coppia di anziani. Sono il triplo delle dita di una persona normale: lunghe, spesse, cremose.
Servo i clienti seduti agli altri tavoli: quattro uomini d’affari, molto esigenti, un altro gruppo di quattro, tre uomini e una donna, e la coppia di anziani. Leander ha versato l’acqua nel bicchiere dell’uomo grasso, io gli do tutto il tempo di decidere cosa ordinare prima di avvicinarmi.
Buonasera, dico. Vuole ordinare? dico.
Rita, era grosso, ma grosso.
Buonasera, dice lui. Buonasera. Sì, dice. Siamo pronti a ordinare, credo, adesso, dice.
Ha un modo di parlare … strano, capisci. E ogni tanto sbuffa, un verso leggero.
Credo che cominceremo con un’insalata Cesar, dice. Poi una scodella di minestra con pane e burro extra, se non le spiace. Le costolette d’agnello, credo, dice. E una patata al forno con panna acida. Penseremo dopo al dolce. Molte grazie, dice, e mi porge il menu.
Dio mio, Rita, che razza di dita”.
Non so neppure bene perché, ma quest’uomo scriveva in un modo straordinario. Scriveva e suonava. Musica jazz, e della migliore.
Poronga