Non tutti lo sanno ma Churchill per questa monumentale opera ricevette il Nobel per la letteratura.
La narrazione parte all’indomani della prima guerra mondiale, conclusa con il trattato di Versailles che prevedeva onerosissime misure risarcitorie a carico della Germania e soprattutto severissime limitazioni quanto agli armamenti.
L’autore dipinge questo scenario: da un lato le nazioni-leader vincitrici del conflitto, Francia e Inghilterra, uscite esauste e nauseate dalla guerra, preda di irresistibili istanze pacifiste (mai avrei immaginato di poter usare una locuzione del genere), tali di fatto da portarle a trascurare sempre più il rispetto degli obblighi assunti dagli sconfitti, soprattutto quando al riarmo; dall’altro la Germania che rialza progressivamente la testa, ripopolandosi e riarmandosi.
In mezzo a questo la voce isolata e profetica di C. che ammoniva, inascoltato, sui terribili rischi di questa deriva che fin dagli anni ‘20 egli diceva avrebbe portato allo scoppio di un’altra guerra mondiale, ancora più terribile e catastrofica.
Quella che viene dipinta è una tragedia: l’anelito sincero quanto miope alla pace cui si contrappone un popolo assetato di rivincita, indomito, guerriero, disciplinato e quasi geneticamente aggressivo.
Si noti che C. denunciava le sue paure paventando i tedeschi come popolo, ben prima dell’avvento al potere di Hitler, che per i primi anni non si aveva neppure idea di cosa sarebbe diventato.
Il primo volume è fondamentalmente il lucido e asciutto racconto dello scivolare, prima lento, poi sempre più rapido, e infine inesorabile, del mondo verso la guerra che, senza tante storie, viene descritta come “la lotta di due farabutti, ciascuno dei quali cerca di colpire l’altro sul muso con un bastone, un martello, o qualsiasi altra cosa contundente più adatta allo scopo“.
Per il resto vi è il minuzioso racconto, oltreché dei fatti, anche del dibattito all’interno dell’Inghilterra e dell’Europa su ciò che stava accadendo, sulle possibili opzioni politiche, sulle scelte tattiche e strategiche, soprattutto di ordine bellico.
Io queste parti da un certo punto ho cominciato a saltabeccarle, perché per me non interessanti.
Ciò non mi ha però impedito di cogliere la impressionante testimonianza resa da una persona, piaccia o no, di straordinaria statura quale C., politico, scrittore, pittore, stratega militare, muratore abilissimo (si costruì una casa con le sue mani), oltreché uomo di grande lucidità e spietato realismo.
Mi ha anche colpito, nel racconto dei fatti, la inutilità di tantissime morti cui gli Stati aggrediti dalla Germania (Polonia, Danimarca, Finlandia) andavano incontro per puro dovere militare, pur nella certezza assoluta della disfatta.
Il volume si chiude con la seguente frase di C. che, ricevuto l’incarico di Primo Ministro e guida dell’Inghilterra in una guerra che era sicuro sarebbe stata incerta, durissima e orribile scrive:
“Ero convinto di conoscere a fondo la situazione, ed ero certo che non mi sarei rivelato inferiore al mio compito. Perciò, sebbene fossi animato da una certa impazienza di raggiungere il mattino, dormii profondamente e non sentii la necessità di sogni apportatori di conforto. La realtà è migliore di qualsiasi sogno” (sic!!!).
Poronga