In questo minuscolo gioiello del ‘700 già l’immagine di copertina ci riporta diritti ai salotti di Laclos, i personaggi tramano inganni, peccano di avidità, di stupidità. Però qui ti diverti! Perché Diderot tratta tutti con infinita indulgenza. Come si legge in quarta di copertina, lui è irrimediabilmente buono, lo rimproveravano gli amici: <Ti rubano la vita!> e lui correggeva: <No! Io la regalo!>. E generosamente Diderot trova qui l’occasione di anticipare il tema della depressione e dell’ansia, con tutto il suo vuoto di amore, di vita, di senso. Da bravo enciclopedico, lo porta in scena con fondamenti scientifici e lo mostra in forma comica.
La scena: Salotto parigino pieno di effluvi legati alla noia. La bella Mademoiselle Dornet, distesa sul triclinio, posa per Madame Therbouche, prussiana dell’Accademia di Pittura e Scultura. Inaspettato, arriva Desbrosses, con due toccanti occhioni neri e un bianco turbante. E’ un amico dell’artista, che lo presenta come <il medico turco>. L’uomo osserva a lungo la modella, poi senza indugio scosta veli, indaga, delicato le tocca la gola, il petto e va sempre più giù, fino al fondo del fondo e intanto l’avvolge di parole sulla <Teoria dei Vapori>, una delle sue tante filosofie di vita. I dialoghi, il dipinto e il raggiro scorrono via che è una meraviglia…
Serve estorcere alcuni ritratti, donati alla bella cortigiana Dornet dal Principe di San Pietroburgo Dimitri Alexievic Galitzin, quando era uno dei suoi innamorati, o meglio amanti, fors’anche amici. La quasi testa coronata ha scaricato la leggiadra ballerina francese per una nobile ereditiera di San Pietroburgo, di recente ingravidata. La nostra discinta eroina finge di nulla ma rimugina, si aggrappa alla preda e tutti cominciamo a mistificare, appunto. Lei è un po’ stupida e molto avida, non è in grado di innescare il conflitto, e tanto meno il bel truffatore, anche se usa parole forbite e gentili, e si sente che qualcosa lo turba fortemente. Il dramma esplode fuori dal libro, nella realtà. Il Principe Galitzin rincasa, posa sul tavolo il ritratto dell’Imperatore, si siede davanti a lui, forse ci pensa a lungo, o forse agisce d’impeto, e si spara un colpo dritto in mezzo alla testa.
Fine della pièce. Fine della vita di un amico. Perché Diderot metteva in scena la vita, gli amici, persino se stesso fa comparire in questo libro, per portarsi poi in scena, fa un passaggio veloce, come amava fare Hitchcock nei suoi film. Per il resto, ognuno va diritto per la sua strada, chi ha la meta e chi no, c’è chi si trova e chi si perde, ma soprattutto c’è chi è vero e c’è chi mistifica.
Scritto nel 1768, “Mystification” è stato ritrovato solo nel 1948 nella soffitta di un castello in Normandia, pubblicato in Francia nel 1954 e così recensito: <Un’aggiunta divertente e significativa delle opere di Diderot>. Sono d’accordo pienamente su tutti e due gli aggettivi, che usati assieme sono esplosivi.
Insomma, riuscirà il raggiro? I preziosi ritratti, forse anche compromettenti, arriveranno in Russia? Non lo sapremo mai e forse neppure Diderot aveva in mente un finale. Il valore di questo piccolo volumetto, edito da Archinto ( che già aveva pubblicato il testo sul primo numero di Leggere ) sta anche in questo carattere di segretezza, di sperimentazione, di libertà che gli artisti si permettono nella fase di lavoro a porte chiuse, dove il progetto finito è ancora lontano, ma già si tocca con mano il senso dell’opera, il messaggio che vuoi inviare al mondo.
Dora Squarcialenzuola