Riporto la scheda che mi ero scritto nel 1995.
Da tempo non leggevo un libro di uno scrittore contemporaneo italiano così bello; credo da “La chimera” di Vassalli, che però forse non lo eguaglia.
Maggiani sa scrivere, eccome, e colpisce la personalità del suo stile, elegante ed accurato, la cui dominante però è una grande naturalezza e, quindi, semplicità; ciò nonostante che, talvolta, non sia facilissimo da seguire.
M. regala così delle pagine davvero bellissime: certe descrizioni del deserto, la morte della mula, le apnee del protagonista in fondo al mare, i suoi colloqui con Azena, l’incontro con Ungaretti, ecc..
Ma la cosa che più mi ha colpito del libro è la sua ricchezza e generosità, davvero fuori dal comune. In trecento pagine c’è di tutto: il deserto, il mare, la poesia, l’anarchia, il protestantesimo, l’inquisizione, i palestinesi, Alessandria d’Egitto… Sembrerebbe un gran guazzabuglio se non fosse per la capacità di M. di governare e padroneggiare tutto questo materiale così singolarmente eterogeneo componendolo perfettamente, ed in modo completamente plausibile, in unità.
Il libro scorre, scorre, e diviene sempre più bello.
Questa la storia: Saverio Pascale, l’io narrante, viene raccolto in coma nel mare, a seguito di una delle sue immersioni.
Ridotto malissimo, viene curato in un oscuro ospedale alessandrino da un singolare medico armeno, che gli prescrive quale terapia di scrivere le sue memorie.
Pascale dichiara, mentendo, che le sue memorie di vita vissuta non sono un granché; per riempire questo vuoto racconterà allora prima il suo vissuto, poi i suoi sogni.
Il vissuto (parte prima: “Il libro del deserto”) è la sua vita alessandrina, i viaggi nel deserto, l’incontro con la poesia -o meglio, con Ungaretti- la cui presenza quasi elfica e vagamente magica aleggia per tutto il libro; e poi la scomparsa del padre, il suo strano viaggio in Italia alla ricerca delle sue radici e del suo paese, Carlomagno.
Il sogno (parte seconda: “Il libro di Pascal”) è il prolungamento della vita a partire dal momento in cui Ungaretti, in un fugace incontro, dà a Saverio un’antica carta ove si racconta del supplizio di un suo antenato, Pascal, accusato di stregoneria ed arso vivo.
La storia di Pascal si intreccia e si confonde con la storia del popolo di Carlomagno, gli antichi Apui, popolo selvatico ribelle, avo della gente -i cavatori di marmo delle Alpi Apuane- da cui Saverio discende.
La terza e ultima parte (“Il libro di Sua”) è l’alternanza di vita e di sogno; vi compaiono Sua, compagna di Pascal, e Faitha, compagna palestinese di Saverio.
Non racconto ovviamente la fine, una febbrile e memorabile notte…
Veramente bello; da buttarcisi a pesce per chi non lo abbia letto, e magari da rileggere per chi lo abbia già fatto.
Poronga
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