Yann Martel “Vita di Pi”

piChe cosa c’è di strano in una storia incredibile? “.  In questa apparentemente ingenua domanda, che Piscine Molitor Patel, detto Pi, rivolge a due funzionari che lo vengono pieni di sospetto a interrogare dopo il suo naufragio, sta la ispirazione/tesi di fondo di questo romanzo.

Pi vive in India con la famiglia che gestisce uno zoo ma sbarca male il lunario. Perciò decidono di trasferirsi, famiglia e zoo, in Canada, in cerca di miglior fortuna.

Già in questo prologo, che dura un centinaio di pagine, Martel mette a segno alcuni buoni colpi, come una spassosa descrizione del bradipo, o il racconto della conversione di Pi nientemeno che a tutte le religioni.

Ma il clou del libro è il naufragio: il piccolo, timido Pi non deve solo attraversare l’odissea di paura, sete, dolore fisico e morale che tocca a qualsiasi naufrago; a lui tocca anche, sulla scialuppa, una compagnia a dir poco insolita: una zebra, una iena, uno scimpanzé, e un giovane tigre enorme, bellissimo e dalla spaventosa forza di nome Richard Parker (sic), che lui stesso ha madornalmente aiutato a salire a bordo…

Non racconto altro per non rovinare la lettura a chi vorrà prendere in mano questo libro avendo la fortuna di non aver già visto il film (bello, soprattutto se visto dopo la lettura del romanzo, che però è tutta un’altra cosa).

Dico solo che il racconto è avvincente, pazzesco, ma nel contempo realistico, al punto che M. sembra davvero che questo naufragio lo abbia vissuto per esperienza diretta, per esempio quando in modo estremamente intenso e “vero” descrive la paura.

Il finale è emblematico e beffardo: Pi racconta ai funzionari la sua storia, loro la dichiarano “molto improbabile” e Pi ribatte: “Come vincere alla lotteria. Però c’è sempre qualcuno che vince”.

Pi allora racconta una storia più probabile, quella che i funzionari vogliono sentirsi dire. Ma noi (e Pi), sappiamo che la storia è un’altra…

Secondo me questo romanzo è la dimostrazione che puoi raccontare le cose più assurde e strane ma, se sei capace di farlo, essere lo stesso perfettamente credibile.

Questo è quanto fatto da Yann Martel in questo libro che, in fondo, è un piccolo, felicissimo inno alla letteratura.

Poronga

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