Recentemente ho parlato di alcuni scrittori che sono stati capaci di scrivere dei bei libri attorno o oltre gli 80 anni ( Saramago, Vargas Llosa ) o addirittura a 95 ( Bernstein ). Devo purtroppo dire subito che questo romanzo, scritto da un grande scrittore quasi ottantenne, mi ha invece un poco deluso. Enquist è senza dubbio una delle figure di spicco della letteratura mondiale, e almeno un suo libro, Il medico di corte, a me è sembrato memorabile. Come ci ricorda giustamente il curatore, questo e altri due suoi romanzi, La partenza dei musicanti e Il viaggio di Lewi ” rappresentano una sorta di trilogia sulla nascita della modernità nell’Europa del Nord “. Qui invece mi sembra mostrare una certa stanchezza umana e intellettuale.
La struttura è interessante: nove parabole in stile evangelico, per tirare le somme della propria vita e parlare finalmente d’amore, argomento finora da lui piuttosto trascurato, a partire dalla sua prima avventura amorosa di quindicenne, con una donna più matura. Però la narrazione è piuttosto pesante e sconnessa, con un’attenzione un po’ ossessiva alla sessualità, alla religione e al rapporto fra le due. Appaiono qua e là personaggi importanti delle arti e della filosofia, da Kipling a Sibelius a Wittgenstein, ma francamente non mi sembra che ci sia un filo conduttore forte e coerente. A chi può interessare apprendere che Kierkegaard in tutta la sua vita ha visto una sola volta, in modo casuale e involontario, un seno femminile? C’è poi anche il tema della pazzia, personale e sociale, ma anche questo mi sembra un po’ sospeso a mezz’aria.
Sia ben chiaro: nella mia personale classifica, questo resta un libro di livello medio-alto, è l’altezza delle aspettative che me lo ha reso un po’ deludente. Certamente la scrittura di Enquist è magistrale e raffinatissima ( è la tipica scrittura che piace ai giurati del Nobel: vogliamo scommettere che nei prossimi 4 o 5 anni arriverà il Premio? ) e anche in un libro che per me non è dei suoi migliori ci sono molte cose interessanti. Però ne consiglio la lettura solo a chi già conosce Enquist ed è interessato alla sua figura, a chi non lo conosce consiglio senz’altro di leggere Il medico di corte.
traddles
Poscritto ( solo per lettori pignoli e barbogi, gli altri astenersi ) Avevo appena finito di leggere Il libro delle parabole e stavo pigramente rimandando il compito di scriverne, quando è apparsa sul supplemento domenicale del Corriere una recensione entusiastica di Franco Cordelli, che lo inserisce fra i 16 romanzi più belli degli ultimi 20 anni, fornendo anche un elenco dettagliato e perentorio di quali sono gli altri 15. La sua recensione – nella quale peraltro parla più del libro precedente, anch’esso autobiografico, che di questo – non mi ha convinto che questo sia un capolavoro; e nemmeno mi convince il suo elenco, espresso per di più in un modo autoritario che non ammette discussioni. Ma poi trovo questa perla: ” che cosa ne sarà di noi “! So bene che l’uso pleonastico del ” ne ” è diffusissimo nel linguaggio parlato e in quello giornalistico, ma lo trovo inaccettabile da parte di un intellettuale, scrittore e critico che vuole impartire lezioni ex cathedra. Scusate, avevo avvisato che il poscritto era solo per i super-pignoli.