Daniel Pennac “Il paradiso degli orchi”

Di questo libro mi ricordavo, oltre al lavoro di Benjamin Malaussène quale capro espiatorio all’ufficio reclami di un Grande Magazzino parigino, l’altra geniale invenzione di Pennac, vale a dire la sua famiglia. Una famiglia generata da una madre eternamente assente che partorisce figli, poi abbandonandoli, a partire dal primogenito Ben; seguono la strampalata Louna (in procinto di scodellare a sua volta due gemelli), la dolcissima Clara, che Ben sembra proprio sposerebbe volentieri se non fosse la sua sorella(stra), la astroveggete Thérèse (che spesso ci becca), Jèrèmy, con una inquietante propensione per la sperimentazione su sostanze esplosive, il Piccolo dagli occhiali rosa e, per finire, il puzzolentissimo quanto amato cagnone Julius, che fa le boccacce quale esito degli attacchi epilettici cui è soggetto. “Sono un fratello padre”, dice di sé Ben.

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Daniel Pennac “Il caso Malaussène. Mi hanno mentito”

malLo dico subito, una delusione.

Di questo romanzo, del quale è protagonista l’ultima generazione dei Malaussène, se ne poteva proprio fare a meno.

Si riconosce Pennac ma è come se lo si sentisse parlare chiuso in un barattolo di vetro: arrivano solo bisbigli.

Non racconto niente della trama -dall’andamento zigzagante e che in un contesto tutt’altro che brillante diviene solo faticoso seguire- salvo che il libro si apre con il rapimento a scopi sociali del solito top manager che dopo aver preso in mano un’azienda licenziando a destra e a manca se ne va con una liquidazione da nababbo (c’è anche un certo Alceste che ce l’ha con i genitori adottivi che gli hanno mentito ma me lo sono perso per strada).

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