Kansas City: sul finire degli anni ’20 India, giovane ragazza della media borghesia americana, abbandona le proprie larvate aspirazioni di vita indipendente e autonoma per sposare Walter Bridge e assumere ufficialmente la identità di “Mrs. Bridge”.
Walter è un giovane avvocato deciso a diventare un uomo ricco e di successo. È anche una persona brava e a suo modo affettuosa, ma è totalmente assorbito dal suo lavoro (lavora praticamente sempre) e tratta, con in guanti, la moglie come un accessorio privo di volontà propria.
India, la cui sola cosa vagamente anticonformista rimane il nome, si adatta totalmente a questa condizione: mette al mondo tre figli, sovrintende alla attività della governante, vive fra cene e ritrovi, te con le amiche, club, chiesa, shopping ecc., in una vita sicuramente agiata, al punto che si prende anche un autista perché non ama guidare la macchina per i suoi spostamenti. I tentativi di uscire da questo tran tran (un corso di spagnolo, uno di pittura) abortiscono rapidamente.
Mrs. Bridge non è né stupida né cattiva, anzi, ma questa vita lo porta a non avere una opinione precisa su nulla che non siano delle banalità e ad annegarsi in un conformismo benpensante tale per cui i familiari e amici devono entrare dall’ingresso principale mentre gli inservienti dal retro, è un peccato che la migliore amica di una delle figlie sia “tanto nera”, il figlio non deve portare camice sdrucite altrimenti “la gente penserà che siamo diventati poveri”.
Mrs. Bridge non è felice, e soprattutto una volta andati via i figli, comincia ad avvertire un senso crescente di solitudine, inutilità, vuoto. D’altra parte come potrebbe essere altrimenti per una persona capace di uscire per comprare “nuovi tovagliolini da aperitivo”?
Connell, diremmo oggi, spara sulla Croce Rossa, però lo fa in un libro scritto nel 1959 quando, per dire, l’alcolismo delle casalinghe era un fenomeno poco noto.
La cosa più interessante del libro è la tecnica narrativa: si tratta di 117 capitoli su un totale di 227 pagine, una serie di flash, di istantanee, con le quali l’autore racconta in modo molto nitido e preciso una condizione e una storia senza storia.
Poronga