Massimo Gramellini “Fai bei sogni”

grameSi può scrivere un romanzo sulla prematura perdita della madre intimo, sincero, commovente e insieme per nulla piagnone e anzi a volte, quando si può, spiritoso?

Gramellini ci è riuscito.

Perde la madre a nove anni e resta da solo con il padre, uomo coraggioso, protettivo ma anche chiuso e trattenuto, che al figlio riesce a trasmettere, e con lui a condividere, solo la passione per il Toro (per i non appassionati: la squadra di calcio del Torino).

  1. Racconta la sua vita e il grande vuoto lasciatogli dalla madre, cui cerca di ovviare come può, per esempio inventando strani giochi e ingenue fantasie solitarie.

Naturalmente a colmare questo vuoto non ci riesce né può riuscirci ma, seppure con molti sforzi e sofferenze (queste fatte chiaramente intuire senza però soffermarvicisi  troppo) alla fine, grazie anche all’aiuto della sua attenta, affettuosa e severa compagna, riesce a venirne in qualche modo a capo.

L’epilogo è commovente e doloroso, e ovviamente non lo racconto; dico solo che, nonostante esso, Massimo riesce riconciliarsi con la storia, sua e soprattutto della madre.

G. scrive un libro decisamente bello nel quale, qua e là inserisce frasi che mi hanno in qualche modo colpito. Ad esempio “Non è poi così vero che si desidera ciò che non si è mai avuto. Quando si sta male, si preferisce ciò che si è avuto da sempre”.

Il libro però non è esente da uno humour che gli giova assai; per esempio un dialogo con la nuova donna del padre:

Hai paura di volermi bene?, disse Sveva dandomi un bacio su una guancia.

Un bacio. A me.

Tu baci come mia mamma, risposi.

Io non sarò mai la tua mamma. Ma mi sarebbe piaciuto conoscerla.

Sareste diventate amiche. Però non credo che ti avrebbe lasciato baciare anche papà.

Ci mettemmo ridere che non la finivamo più”.

Tutto ciò però non dissimula affatto il dolore, come quando il piccolo Massimo si sente rispondere dalla arcigna tata sceltagli dal padre:

Mi dispiace bambino… Non ce la faccio a volerti bene. Nessuno ha mai voluto bene a me e non so come si fa”.

Mi piace anche ricordare la rievocazione del periodo in cui G. operò come giornalista nella Jugoslavia in guerra:

Esiste un essere umano, in quella città, che per quisquilie di razza si era appostato dietro un cornicione, aveva inquadrato nel suo mirino telescopico un bimbo che giocava per strada con un palloncino e gli aveva sparato nello stomaco“.

Il solito Baricco scrive che quando, finito un libro, lo si fissa assorti per qualche secondo, ciò equivale in letteratura alla standing ovation.

Standing ovation per “Fai bei sogni”.

Poronga


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