Questo libriccino è un piccolo gioiello che consiglio assolutamente a chi ama Čechov. Biografie ne sono state scritte molte – bellissima quella di Troyat – ma questo è uno sguardo diverso, quello di un grande scrittore che parla di uno scrittore grandissimo che gli fu amico e maestro. Bunin per chi non lo sapesse ( come il sottoscritto fino a pochi giorni fa ) ha vinto il Nobel, era di solo dieci anni più giocane di Čechov ma gli sopravvisse per un cinquantennio. E proprio in occasione del cinquantenario della morte dell’amico voleva pubblicare questo libro, ma morì a sua volta poco prima, lasciandolo in parte incompiuto. Ormai ultraottantenne, rievoca ricordi degli ultimi dieci anni della vita di Čechov, quindi risalenti ad un periodo fra i 60 e i 50 anni prima. Il libro mescola sapientemente ricordi personali, tratti biografici, giudizi di Čechov sulla letteratura e sulla vita. Ci sono rivelazioni illuminanti sul modo di scrivere di Čechov, suoi giudizi su altri scrittori, le sue reazioni a quello che altri scrittori e critici dicono di lui. Insomma, non è un’analisi sistematica e completa come potrebbe essere una biografia, ma sentiamo il contatto personale, la capacità di scegliere i ricordi – grandi e piccoli – più significativi per far sì che sembri anche a noi di parlare direttamente con Čechov.Cogliamo così, da un lato, l’impulso irrefrenabile a scrivere cui lo spingeva il suo talento smisurato e la sua curiosità per le cose del mondo; dall’altro, la sua riluttanza a prendersi sul serio anche dopo i primi successi ( trovo folgorante questa osservazione: ” A fine marzo Čechov ricevette una lettera di Grigorovič che lo costrinse a vedersi come uno scrittore. ” ).
Qui invece è Čechov che parla: ” Uno scrittore dev’essere povero, deve sapere che se non scrive, se cede alla pigrizia, potrebbe morire di fame. Vanno incarcerati, gli scrittori, per costringerli a scrivere di galere, torture e bastonate … Sapeste quanto sono grato alla sorte di essere stato povero da giovane! “. Ci sono interessanti e anche divertenti annotazioni, al limite del pettegolezzo, sul mondo letterario russo a cavallo del secolo. Incontriamo anche l’ormai vecchio Tolstoj ( ” il teatro di Shakespeare è una vera porcheria ” ). Ma è di Čechov che soprattutto si parla, e chiudo l’elenco di citazioni con questa, di un critico teatrale russo, che mi sembra illuminante: ” il protagonista principale e invisibile del teatro di Čechov e di molte altre sue opere è il tempo che passa, inesorabile “.
E poi in questo libro c’è qualcosa di commovente. E’ anche un libro sull’amicizia, su come il ricordo di un rapporto possa durare e arricchire anche per decenni dopo la morte di uno dei due amici. E ancora, c’è il rapporto fra maestro e allievo. Anche se Čechov non si sentiva il maestro, Bunin si sentiva certamente l’allievo, e a distanza di 50 anni sente il dovere e il piacere di ricordare l’amico/maestro. Insomma, se amate Čechov, il suo teatro, i suoi racconti, non potete non leggere questo libro. E sarete grati a Bunin per averlo scritto.
Tiresia