Di Goffredo Parise non avevo mai letto nulla. Neanche quel “Prete bello” di cui pur avevo sentito parlare. E “Sillabari” è arrivato un po’ per caso nella mia biblioteca kindle. Forse per questo la sorpresa è stata ancora più grande.
Non mi aspettavo questi racconti che declinano per immagini, e in ordine alfabetico, i moti dell’animo. Sono emozioni “traverse”, sghembe, quelle che descrive Parise attraverso uno stile scarno e concreto, eppure a tratti quasi straniante, e portatore di una strana forza visionaria.
Ed ecco allora l’Odio, veemente, immotivato, inutile, farsi tangibile:
«La guardò in faccia: una faccia cotta da lunghe esposizioni al sole, marrone, unta e luccicante, a forma di escremento di mucca, come a cerchi concentrici; al tempo stesso pareva il muso schiacciato di un rospo, con due palle scure sporgenti ai lato, sormontate da una specie di cordone di sopracciglia fatte con la matita nera, e una larghissima bocca pendula agli angoli, senza labbra e tuttavia carica di rossetto».
Oppure un amore destinato a molta felicità e molta infelicità come sempre accade quando si è giovani incarnarsi in due ragazzi che un’Estate lontana sbarcano a Capri:
“Infilarono pinne e maschere molto in fretta, si tuffarono, si guardarono sott’acqua e si presero per mano un momento, poi riemersero. Lei aveva i capelli gocciolanti e flottanti sull’acqua, e ciglia gocciolanti sugli occhi a mandorla e altre gocce sul volto un po’ contratto per il sale dentro gli occhi e per le brevi raffiche gentili di acqua, aria e jodio che il vento soffiava dalla stretta gola della prima roccia. Lui avrebbe voluto dirle. «Come sei splendente» perché il cuore di lei e tutto il suo carattere selvatico splendevano di una grandissima autonomia naturale e solitaria. Ma egli fu geloso di questa autonomia e della sua fortunata bellezza e qualcosa di meschino gli fece dire soltanto «Come sei carina», ma lei nella sua felice sordità e autonomia marina non udì».
Stupendo il racconto della scoperta dell’esistenza degli Altri; commovente il timore del bambino che trasgredisce al divieto materno di allontanarsi troppo e d’improvviso comprende la potenza travolgente del sentimento che incita le premure della Madre; perfetto nella sua luminosa semplicità il racconto dei colori della Libertà. C’è molta malinconia, e solitudine, un profondo senso di desolazione, in questi racconti, ma anche scoppi inattesi di violenza, eruzioni d’allegria e un rinnovato stupore nei confronti dell’energia che muove l’animo degli uomini in ogni età e stagione della vita.
la signora Nilsson