Il mitico Sahara, è terra di sole e di dune, sì, ma anche di miti e leggende, di personaggi e di storia, come ci racconta Stefano Malatesta in 350 pagine scritte fitte fitte.
Sono gli uomini che dal deserto e dai suoi misteri sono stati via via attratti, a incuriosirlo di più: e allora ecco una serie di ritratti, dai più scontati Paul Bowles e Saint-Exupery a Ella Maillart, la famosa Kini che, intervistata da Malatesta poco prima della sua morte, alla domanda «Ha paura di morire?» risponde ridendo: «È di sposarmi che ho sempre avuto paura, non di morire. Non si può sfuggire, la morte è iscritta nei nostri cromosomi fin dalla nascita. Senza di lei, su cos’altro dovremmo riflettere?»; fino ai più grandi esploratori del deserto, tra cui il misterioso Laslo von Almásy e T. E. Lawrence, per fare due nomi tra i più noti.
Ma Malatesta parla anche degli anacoreti di Sant’Antonio del deserto con i loro monasteri tra le dune, dei pescatori Bozo, degli impassibili, fieri, e crudeli nomadi del deserto. E delle guerre che si sono combattute nel grande deserto d’Africa o delle folli, immaginose ricerche di una mitica Timbuctù dove «tutti gli abitanti sono ricchissimi e … usasi spender alcuni pezzi di puro e schietto oro…» cui fanno da controcanto lunghi, dettagliatissimi, fascinosi elenchi di pietre di ogni colore, il rosso antico, il verde striato di scuro, il giallo, il nero lucidissimo, il bianco abbacinante dei famosi ‘marmora romana’.
«Tutti quelli che mettono piede nel Sahara per la prima volta o in un qualsiasi altro luogo desertico hanno l’impressione di un vuoto, dove non succede nulla. Mentre è un pieno dove succede tutto, ma noi non ce ne rendiamo conto perché rispetto ai nomadi siamo quasi ciechi. La differenza sta nell’intensità, ma soprattutto nella durata dello sguardo. Noi guardiamo un paesaggio per cinque minuti al massimo consecutivamente, che è già un tempo enorme. Loro lo guardano per ore…» «Così ho imparato a vedere, senza pensare al tempo…», scrive Pietro Laureano, ingegnere italiano che nell’erg sahariano visse sette anni.
E così, cambiando continuamente punto di vista e prospettiva, voce narrante, tempi e angolature spaziali, piano piano in queste pagine il deserto prende forma: grande mare di sabbia inafferrabile, poliedrico, inesauribile serbatoio di storie.
«Giardini e ragazze, che leggenda… Ma io conosco la solitudine. Tre anni di deserto me ne hanno dato il gusto. Non ci si spaventa affatto di una giovinezza che si consuma in un paesaggio minerale, ma sembra che, lontano da sé, è il mondo intero che invecchia». Antoine de Saint-Exupéry, Terre des hommes.
Ma quello che colpisce di più è da un lato la stupefacente ricchezza di documentazione con cui Malatesta affronta ogni nuovo capitolo e dall’altro l’occhio acuto del viaggiatore che senza lasciarsi abbagliare da facili esotismi riesce, un tassello dopo l’altro, a disegnare una mappa precisa di un luogo i cui confini, inevitabilmente, sconfinano nell’immaginario.
la signora nilsson