“Soffrire da vecchi è la regola“; “La vecchiaia è la resa a un finale scontato. Ha la morfologia della tragedia“.
In ciò consiste il terzo tempo di cui parla questo romanzo. Addirittura di un personaggio si dice che “Aveva una cinquantina d’anni, la certezza che sarebbe presto ulteriormente invecchiata doveva essersi già insediata nel suo inconscio e dalla certezza della vecchiaia era già germogliato il bisogno di negarla, o risolverla in qualche modo, o almeno ridurre il potenziale depressivo“.
Ravera scrive bene, ha ottime capacità narrative e un bello stile. Il punto è che a me non piace quello che scrive, a cominciare dal piagnisteo sulla vecchiaia. Continua a leggere