Se avete sempre sognato di viaggiare sulla Transiberiana vi consiglio la lettura di questo libro. Pensateci bene, però! Potrebbe capitarvi, se siete una ragazza giovane e timida, di dover dividere per diversi giorni lo scompartimento con un rozzo proletario russo che fa colazione con cipolle crude e vodka, e vi fa con una certa frequenza proposte oscene ( poi però si scusa, dando la colpa alla vodka ).
L’ispirazione cecoviana di Scompartimento N.6 è evidente già dal titolo, che richiama La corsia N.6, e fino alle ultime parole che riprendono il famoso ” A Mosca, a Mosca! “. La scrittrice finlandese Rosa Liksom ha scritto questo libro nel 2011, ma richiamandosi a un viaggio da lei veramente fatto nel 1986 ( ” non scrivo di niente che non abbia vissuto ” ). Qui l’azione si svolge nel 1988, e Scompartimento N.6 è senz’altro un libro di viaggio, ma anche molto altro. L’Unione Sovietica sta scricchiolando, la timida studentessa finlandese viaggia da Mosca a Ulan Bator, capitale della Mongolia, per vedere il suo ragazzo internato in manicomio ( si è finto pazzo per non andare a combattere in Afghanistan, ma in manicomio è impazzito sul serio ). Si trova a dover convivere con questo strano compagno di viaggio rozzo, volgare, sciovinista e misogino, ma anche generoso e vitale come i personaggi di Gogol’ e Čechov. E’ un emarginato e un ribelle, è stato più volte in carcere e nei campi in Siberia, ma dice: ” Quante volte ho maledetto questo paese! Eppure che cosa sarei senza la Russia? Io amo questa terra”. Lui parla, parla in continuazione, lei non parla quasi mai, ascolta impotente, a volte esce dallo scompartimento per un attimo di tregua. All’inizio è spaventata e sconvolta, ma col procedere del viaggio si trova a subire il fascino di questo primitivo rappresentante della grande madre Russia. Nell’incontro fra questi due viaggiatori è raffigurata, con crudezza e poesia allo stesso tempo, la dissoluzione dell’Unione Sovietica, la differenza fra due mondi, le difficoltà di metterli in contatto ma anche, alla fine e con tutti i problemi inevitabili , la possibilità di riuscirci. E, su tutto, il viaggio in questi spazi sterminati, con soste nelle varie città dai nomi esotici. Sarà banale dire che chi viaggia vuole scoprire innanzitutto se stesso ma non si può non pensarlo leggendo Scompartimento N. 6.
Sulla fine dell’impero sovietico naturalmente sono stati scritti moltissimi saggi e romanzi. Lo sguardo di questa scrittrice finlandese, esterno ma anche molto vicino, è originale e interessante. A me è piaciuto sin dalle prime righe, e perciò le riporto: ” Mosca si rannicchiava nella gelida e secca sera di marzo per proteggersi dal contatto del sole al tramonto, rosso e freddo. La ragazza salì sull’ultimo vagone, in coda al treno, cercò il suo scompartimento, il numero sei, e tirò un profondo respiro. “.
Tiresia