Antonio Moresco “Gli esordi”

moreicona-voto-asino2icona-voto-mezzoasinoDopo il bellissimo “La lucina” segnalato dalla signora Nilsson, mi sono cimentato con “Gli esordi”, opera prima di Moresco, scritta e riscritta per quasi quindici anni.

Non ce l’ho fatta, e lette circa 150 pagine ho alzato bandiera bianca.

La prima parte si svolge in un seminario popolato da strani personaggi: il Priore dalle due teste, il Gatto, prefetto del seminario e che come un gatto si muove ingaggiando talora furibonde zuffe, l’uomo con gli occhiali, fuggito e rimasto allo stato laicale ma poi tornato non si sa bene a cosa fare, e il protagonista, un novizio senza nome, che partecipa e assiste quasi attonito alla vita della istituzione e ai suoi rarefatti riti, fra i quali ad esempio la vestizione e svestizione fatta sotto le coperte per non mostrare la nudità. Continua a leggere

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Antonio Moresco “I randagi”

moresQuando lessi La lucina su segnalazione della signora Nillson pensavo che fosse la mia prima lettura di Moresco. Qualche tempo dopo, aggirandomi nel caos della mia biblioteca, mi accorsi invece di aver già letto, nove anni fa, Lo sbrego, che credo sia il suo libro più famoso, metà romanzo e metà diario di letture. Me ne ero semplicemente dimenticato. Se vi viene da pensare che se si dimentica di aver letto un libro l’unica spiegazione è che non ci era piaciuto, arrivate alla mia età e poi ne riparliamo. In realtà, avevo scritto una breve nota in cui dicevo che all’inizio ero un po’ irritato perché mi pareva che Moresco ” se la tirasse ” ma poi, andando avanti nella lettura, avevo capito che il suo amore per i libri di cui parlava era sincero e coinvolgente.

Adesso esce questo I randagi, libro strano e interessante. Nasce quasi per caso, da un amico che frugando fra gli schedari dell’epoca fascista, trova una foto segnaletica di un sovversivo di nome Demostene Moresco, zio di Antonio. Da qui parte, con l’ausilio di archivi familiari e la collaborazione di vari parenti, una ricostruzione delle vicende della famiglia Moresco per diverse generazioni. Non solo in varie zone d’Italia, ma anche dei parenti che, decisi ad emigrare in Australia, si ritrovano invece in Brasile semplicemente perché i posti per l’Australia erano finiti! Il tutto corredato da numerose foto e documenti che ne fanno quasi più un libro-documento che un romanzo. Se mi è consentito un paragone che vuole essere solo una traccia, in questo libro Moresco mi ha ricordato Sciascia per la meticolosità della documentazione e la puntigliosità della ricerca. E come in Sciascia naturalmente, le vicende della famiglia Moresco, che di per sé potrebbero interessare solo i loro parenti, diventano un mezzo per raccontare pezzi non banali di un secolo di storia d’Italia. E qui torniamo nella dimensione della letteratura e non più del documento storico, perché Moresco riesce a farlo con sensibilità e forza poetica.

In conclusione, dopo aver letto tre suoi libri, mi sembra di poter dire che Moresco può piacere o meno, ma certamente ha delle caratteristiche uniche nel panorama letterario italiano, che lo rendono molto diverso dagli altri scrittori contemporanei, spesso un po’ stereotipati. Secondo me vale la pena di leggerlo.

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Antonio Moresco “La lucina”

lucinaC’è un uomo che trascorre le sue giornate a passeggiare tra case disabitate di un borgo abbandonato. La sera, al tramonto, siede a lungo fuori, davanti alla sua piccola casa «di fronte a uno strapiombo vegetale. Guardo il mondo che sta per essere inghiottito dal buio. Il mio corpo è immobile su una seggiola di ferro dalle gambe che sprofondano sempre più nel terreno, eppure ogni tanto mi manca il fiato come se stessi precipitando su un’altalena dalle corde fissate in qualche puto infinitamente lontano dell’universo».
E c’è un bambino, tanto piccolo che per raggiungere il rubinetto del secchiaio in cui lava i piatti deve salire in piedi su una casetta rovesciata. Anche lui vive solo, in una vecchia casa di pietra, in mezzo a un fittissimo bosco. Ha la testa rasata, gli occhi grandi e rotondi, porta un paio di pantaloncini corti d’altri tempi, e gli si scorge in bocca un dentino rotto.
Solitudini destinate a incontrarsi, fondersi quasi, in questo racconto semplice, popolato non tanto di uomini, quanto piuttosto di alberi, di piante, di uccelli, e temporali, terremoti notturni, silenzi.
Una storia breve e intensissima, che colpisce per la malinconia straziante, quasi intollerabile, che la sottende e forse ancor più per una visione della natura (e della vita) come di un mondo di ineludibile e dilagante ferocia.
«Certe volte mi fermo a parlare con gli animali, gli insetti, tutte quelle potenze vegetali che brulicano da ogni parte lungo il filo dell’orizzonte. Con le vespe che si gettano incattivite nelle piaghe dei fichi che marciscono sulle piante, penetrando con le loro teste rostrate nelle spaccature piene di granelli in putrefazione e di succhi. Avvicinandomi molto, forse troppo, tanto che un giorno una vespa mi ha punto una mano. “Ma perché siete sempre così infuriate?” domando. “Cosa succede, di giorno e di notte dentro i vostri nidi feroci?”
Ma loro non mi rispondono.»
Non conoscevo Moresco, non ho letto i “Canti del Caos”, e questo è davvero un romanzo brevissimo, di poche pagine (difficile dire quante, quando si legge sul kindle), ma “La lucina” fa pensare di avere incontrato un grande scrittore.
la signora nilsson