Mi sembra impedibile questo breve romanzo di Schnitzler, inedito non solo in Italia ma in assoluto. Non però uno di quegli scritti che a volte vengono tirati fuori da cassetti dove sarebbe stato meglio rimanessero, perché invece era stato ritenuto pronto per la pubblicazione dall’autore nell’ormai lontano 1895, e poi per varie traversie mai pubblicato.
A distanza di 120 anni il racconto mantiene tutta la freschezza e l’arguzia tipiche di Schnitzler. Il protagonista, Eduard Saxberger, ha pubblicato in gioventù delle poesie, con scarso successo. Arresosi all’evidenza e alle banali necessità della vita, si è rassegnato a deporre la penna e ad adattarsi a un impiego decoroso e ad una vita noiosa e tranquilla. Giunto ormai vicino ai 70 anni, viene avvicinato da un giovane poeta che ha scoperto la sua opera. A nome suo personale e di un gruppo di altri giovani intellettuali riuniti in un circolo chiamato L’entusiasmo, gli esprime tutta la sua ammirazione. Saxberger inizialmente si schernisce, ma di fronte all’insistenza del giovane accetta di fare la conoscenza degli altri membri del gruppo e di partecipare alle loro riunioni – che si tengono ovviamente, secondo la tradizione viennese a cavallo fra i due secoli, in un caffè. Qui i giovani intellettuali lo lusingano, lo chiamano Maestro, lo eleggono a loro fonte spirituale di ispirazione, cercano di convincerlo a scrivere ancora. C’è anche una attrice, non più giovane ma molto sensuale, che risveglia in lui sopiti ardori. A poco a poco Saxberger scopre di non essere insensibile alle lodi e alla speranza di raccogliere in tarda età i frutti delle sue ambizioni giovanili. Ma sarà in grado, dopo tanti anni, di trovare ancora l’ispirazione? E Il gruppo di giovani intellettuali è composto da persone di vero talento o solo da velleitari pseudo artisti? Lo lascerò scoprire a chi leggerà il libro, ma vi anticipo che Scnitzler, con garbata ironia ma anche con spietata lucidità, analizza il mistero del talento artistico, le pericolose lusinghe del successo e più in generale le ( tante ) miserie e le ( poche ) nobiltà del mondo degli intellettuali o sedicenti tali. In una postfazione ci viene spiegato che forse in alcuni dei personaggi Schnitzler aveva voluto rappresentare figure di rilievo della Vienna di fine ‘800, ma a me la critica di certi ambienti intellettuali sembra molto più generale e nei diversi artisti mi sembra di riconoscere non tanto il tale o il talaltro, ma certe vacue figure di boriosi intellettuali giustamente sbeffeggiate sin dai tempi di Plauto o Shakespeare o Voltaire.
Il finale è amaro e beffardo nel perfetto stile di Schnitzler ma in qualche modo anche inevitabile, perché il vecchio poeta torna coi piedi per terra, dopo aver vissuto il suo ultimo volo artistico e aver scoperto qualcosa su se stesso.
Tiresia