Paolo Nori “Che dispiacere”

Bernardo Barigazzi, scrittore di romanzi, dirige anche un giornale semiclandestino che esce solo il giorno dopo le sconfitte della Juventus, e che è beffardamente intitolato “Che dispiacere“. Sottotitolo: “Vincere non è importante. È l’unica cosa che conta“.  La redazione conta pochissimi giornalisti, tutti sotto falso nome. Oltre a Ivan Piri, pseudonimo del Barigazzi, vi sono Iris Toranti, Ivan Dali, Ivan Geli, Ivan Taggi, Igor Miti, Iris Parmi e Ines Perti.

Poi ci sono altri personaggi, come per esempio Mancino, che ha appena pubblicato il suo primo libro, e che un giorno in libreria si imbatte nelle Moleskine, 200 pagine tutte bianche che vengono vendute a 19 euro, e pensa allora che il suo libro, “più di 200 pagine tutte scritte, che c’aveva messo un anno e mezzo, a scriverlo, costa 16 euro… Ho abbassato il valore della carta di soli 3 euro. Non è male, poteva andar peggio“.

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Paolo Nori “I russi sono matti”

noriicona-voto-asino2icona-voto-asino2icona-voto-mezzoasinoSottotitolo: “Corso sintetico di letteratura russa 1820-1991”.

Come forse ho già detto Paolo Nori ha un modo tutto suo di pensare e di scrivere che a me piace. Conosce la Russia (ha scritto anche “La grande Russia portabile” già recensito), il russo e la sua grande letteratura, che legge e traduce (da ultimo “Oblomov”: mi piacerebbe vedere cosa ha combinato). Continua a leggere

Paolo Nori “La grande Russia portatile”

noriicona-voto-asino2icona-voto-asino2icona-voto-asino2Paolo Nori ha un modo molto personale di scrivere, che a me piace, e che credo sia innanzitutto il risultato di un modo molto personale di pensare e prima ancora di vivere.

Laureatosi credo verso i 30 anni in lingua e letteratura russa, è poi andato in Unione Sovietica e in Russia molto spesso, maturandone una conoscenza e un amore profondi; innanzi tutto, ovviamente, per la sua grande letteratura che, dice, “è un’esperienza diversa: è come se leggere i russi volesse dire entrare in uno spazio diverso, con degli elementi diversi, una gravità diversa, una geometria diversa e un peso specifico diverso; attraversare il campo della lettera russa è una cosa che lascia dei segni che sono dei segni che uno se li può fare solo lì, secondo me“. Continua a leggere

Paolo Nori, “Bassotuba non c’è”

noriGustoso e accattivante racconto della condizione marginale di un trentacinquenne con ambizioni letterarie costretto, in attesa di un improbabile successo, a sbarcare il lunario facendo lavoretti di traduzione e il magazziniere part-time.

Nori sceglie la forma del diario, e adotta uno stile molto svelto, laconico, certe volte quasi per appunti.

È un libro che si legge con vero piacere, in certe parti anche molto divertente e credibile.

L’abbandono da parte della convivente (soprannominata Bassotuba), le serate letterarie, i conti alle mille lire per far quadrare il proprio magro bilancio, i rapporti con la gente (spassosissimo quello con la assatanata Agata), i rapporti con gli editori, il tumore del padre, i dialoghi con l’immaginario angelo custode, vengono raccontati con rapidi e talora telegrafici tocchi.

Nori ha tra l’altro un sacco di spunti divertenti e originali, ma si concede il lusso di accennarli appena, lasciandoli a volte non completamente sfruttati; il che si rivela una scelta vincente.

Il libro si chiude all’improvviso, e alla fine questo Paolo Nori ti piacerebbe conoscerlo.

Poronga