Giorgio Fontana “Morte di un uomo felice”

fontanaEstate 1981: Giacomo Colnaghi da Saronno, magistrato trentasettenne pensoso e sgobbone, è impegnato in primissima linea nelle inchieste sulle stragi rosse.

Il titolo ci anticipa che morirà ucciso; ci dice anche che si tratta di un uomo felice, anche se a me felice non lo è parso molto: lavora notte e giorno, lontano dalla moglie e dai figli che vede solo nei WE, e non tutti; il figlio è un ragazzino fragile e indifeso; con la moglie non fa l’amore da sette mesi. Non ha svaghi, tranne qualche uscita in bicicletta con l’amico Mario, e qualche pipata.

La storia di Giacomo si intreccia con la rievocazione di quella del padre, morto giovanissimo e partigiano (anche questo lo si apprende subito).

Il libro vuole soprattutto essere una riflessione sugli “anni di piombo”: i torti, le ragioni, le cause, i rimedi, i danni irreparabili e le ferite, e ha, mi è parso, tre momenti-chiave corrispondenti a tre dialoghi che il cattolicissimo Giacomo ha con una teologa, un terrorista appena arrestato, un suo collega.

È un libro serio e onesto, anche se forse indulge un po’ troppo nel patetico (il padre partigiano, le umili origini di Giacomo, i suoi eroici studi, il foglietto che si porta sempre dietro).

Letterariamente non mi è parso nulla di speciale; però è bella la descrizione della morte di Giacomo e del rimpianto di doversene andare, nonostante la promessa della vita eterna.

È singolare che questo romanzo sia stato scritto da una persona nata proprio nell’anno cui si riferiscono i fatti che descrive.

Premio Campiello 2014 degno, vista anche la qualità dei romanzi che spesso vengono premiati in Italia.

Poronga

 

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