Willem F. Hermans “Alla fine del sonno”

hermansSarà il mio antico amore per le letterature del Nord, sarà una recente passione per i libri di viaggio stimolata dalle recensioni di Mr. Maturin, sarà la mia curiosità per uno scrittore non solo di romanzi ma di libri scientifici e filosofici, considerato uno dei maggiori del Novecento olandese, noto anche per le sue posizioni politiche coraggiose… Ora che finalmente è stato tradotto in italiano il suo romanzo più famoso, non potevo non aver voglia di leggerlo. Dirò subito che l’ho trovato un po’ al di sotto delle mie aspettative, il che non vuol dire che non valga la pena di leggerlo, altrimenti non ne parlerei. Forse è semplicemente un po’ datato, essendo uscito nel 1966, ma ha sicuramente degli aspetti interessanti.

 

Libro di viaggio ma ancor più romanzo di formazione, parla di Alfred, dottorando in geologia, che affronta un duro viaggio nell’estremo nord della Norvegia per preparare la sua tesi, in particolare alla ricerca di meteoriti. Il suo impatto con quelle latitudini è di particolare interesse per i lettori italiani, per i quali già l’Olanda appare molto settentrionale, e lo vediamo affrontare con coraggio ma anche con costernazione uno stile di vita così diverso, dei compagni di viaggio in certi casi dotati di grande umanità, ma comunque appartenenti a un’altra cultura, a un’altra lingua, a un’altro mondo nel senso più ampio. Durante il viaggio, Alfred scoprirà con dolore alcune piccole meschinità del mondo accademico in cui si appresta ad entrare che feriscono la sua ingenuità e il suo entusiasmo; farà i conti col suo mai risolto rapporto col padre, anche lui scienziato, morto prematuramente; in poche parole, come in ogni romanzo di formazione che si rispetti, da ragazzo diventerà adulto, passando anche per esperienze tragiche.

 

Perché alla fine mi ha lasciato un po’ insoddisfatto? Forse per alcuni aspetti che, da altri punti di vista, potrebbero invece essere considerati dei pregi: un certo distacco nello sguardo, una certa pacatezza nella narrazione, insomma una certa presa di distanza dal protagonista mentre al contrario in un romanzo di formazione ci si aspetterebbe una maggiore identificazione dell’autore col suo personaggio, condizione necessaria perché lo stesso faccia il lettore. Ma ripeto, il romanzo è interessante e spero che qualche Asinista lo legga ed esprima il suo parere. E proprio per questo chiudo su quello che mi sembra l’aspetto migliore del libro. Atmosfere del Nord, romanzo di formazione, rapporto col padre … Da 400 anni questi elementi non possono non far venire in mente l’Amleto. E a me è venuto in mente quasi ad ogni pagina, ma in modo sottile, non forzato. Hermans non fa nulla di esplicito come sarebbe facile fare per richiamare l’Amleto, eppure capiamo che sullo sfondo c’è proprio lui. E oltre che un omaggio al genio di Shakespeare, il riuscire a farlo in un modo così discreto e naturale è un riconoscimento alle qualità di Hermans.

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