Ho letto con grande piacere questo romanzo di Thomas Williams, (scritto nel 1975 ma apparso in Italia solo quest’anno), che ha valso all’autore il National Book Award, il massimo riconoscimento letterario americano (così recita il risvolto di copertina). Si è rivelato un libro complicato, almeno per me, con tanti personaggi e tanti salti nel tempo, così che solo nelle ultime pagine ho compreso tutto (almeno credo). Narra di uno scrittore, Aaron Benham e del suo personaggio, Allard Benson, che è poi lo scrittore stesso, e che in realtà è il vero protagonista: è una storia di ragazzi, giovani studenti alle prese con i problemi dell’età, le difficoltà dello studio, i primi amori, e dei loro contrasti e scontri con una banda di non studenti altrettanto giovani, ma sulla strada del bullismo e della delinquenza. Ma non è tanto la storia, o le storie, che hanno reso il libro piacevole, bensì la straordinaria bellezza della scrittura di Williams: riesce a dire le cose più semplici con lunghe sequenze di frasi e descrizioni irresistibili tanto sono belli. “….Al di là dell’amore di Helga per George e Edward e al di là della vita attuale di lei, esiste quell’inclinazione, che a malapena Helga si permette di considerare possibile, a far saltare tutto in aria per una incauta, sensuale, colposa, in parte anche vendicativa relazione con quest’uomo più vecchio e aggressivo che adesso la sta guardando. I segnali sono così dolci, così poco temibili, così marginali che, se non venissero colti, avrebbero l’assoluto diritto di non essere mai esistiti”. E poi ci sono le scene erotiche, anch’esse delicatissime , lente, che durano alcune pagine, in cui ci si immedesima facilmente e con assoluto trasporto. E poi c’è la moto del protagonista, una vecchia Indian Pony, speculare alla Honda dello scrittore: entrambe sono compagne, non semplici mezzi di trasporto, e Williams sa descriverne i meccanismi e le singole parti – la frizione, il raddrizzatore al selenio, il cambio – con un vero affetto e una precisione da chirurgo: ricorda Pirsig dello Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, non casualmente pubblicato nel 1974, un anno prima di Roux. E infine ci sono i capelli di Harold Roux, in realtà una parrucca di capelli rossi, che dà il titolo al libro e diventa protagonista di una scena finale veramente mozzafiato. (Comprenderemo nella postfazione della figlia di Williams la rilevanza di questo indumento). Insomma, una serie di pregi, non stilistici ma di veri contenuti, che trascendono il contenitore: certo per farne un capolavoro ci vorrebbe anche una storia più intrigante, ma anche così è un’ottima lettura.
Silver 3