Roberto Vecchioni ” Il mercante di luce “

vehhioNon conosco né ho le competenze per valutare il Vecchioni musicista, ma lessi a suo tempo il suo primo romanzo, Viaggi del tempo immobile , che mi piacque molto, a cominciare dal titolo, e da allora ho letto con piacere diversi altri suoi libri. Del resto, una persona che, nonostante il successo immagino anche economico avuto come cantante, si è ostinato ad andare avanti per decenni ad insegnare latino e greco nei licei secondo me merita attenzione.

Il mercante di luce è un romanzo interessante, ricco di metafore sulla società attuale, a cominciare dal protagonista, nel quale si vedono chiaramente dei tratti dello stesso Vecchioni. La prima metafora è nel suo stesso cognome, Quondam ( in latino: una volta, ai tempi andati). Da ragazzo comincia a studiare da solo il greco, bigia la scuola per seguire le lezioni universitarie di quello che diventerà poi il suo maestro. E’ un idealista, un perdente, la moglie lo lascia, un collega incapace ma raccomandato gli soffia la cattedra che si strameriterebbe. Ma è una figura commovente e affascinante di uomo fuori dal tempo che non scende a compromessi ed è uno dei pochi, fra i tanti che lo circondano, ad avere ideali e speranza. E quando il mondo lo delude, ha sempre la risorsa di rifugiarsi nel suo amato mondo classico. Il suo eroe è Aiace Telamonio che, offeso dall’astuto e cinico Ulisse, si uccide come forma estrema di protesta in difesa dei suoi valori.

L’altra, potentissima metafora è rappresentata dal figlio di Quondam, ammalato di una malattia rarissima che causa un invecchiamento precoce e la morte in giovane età, visto che ogni anno che passa vale per sei o sette. Metafora di una società che non ha mai tempo, mentre i suoi coetanei il tempo lo buttano via in idiozie, in locali alla moda e in rapporti interpersonali superficiali se non del tutto inesistenti.

Il senso più profondo del libro  sta nel rapporto fra il figlio e il padre. Questi cerca nel breve lasso di tempo che resta al ragazzo, ormai arrivato a 17 anni, quindi a modo suo centenario, di dare al figlio tutto ciò che può dargli, e a sua volta di averne  ciò che il figlio può dare a lui. Il libro è un inno alla vita vera, degna di essere vissuta, contro la superficialità di certi aspetti del mondo contemporaneo. Un messaggio di speranza che ci viene dal mondo della cultura classica. Non è poco, professor Vecchioni. Forse hai fatto bene a non sederti sugli allori e a continuare ad insegnare ai giovani per quarant’anni.

Tiresia

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