A GAMBE ALL’ARIA: Pippi Calzelunghe di Astrid Lindgren
I bambini italiani sono fortunati, come ha ben detto il nostro Poronga: ci sono le favole, le filastrocche, le storie di Gianni Rodari a farli volare con la fantasia più in alto di qualsiasi ascensore, anche di quelli che salgono fino in cielo e non scendono più.
Lo stesso respiro di libertà, la stessa gioia di vivere, la stessa fantasia allegrissima e scoppiettante di Rodari illuminano le pagine di un altro libro che mi sono ritrovata a rileggere dopo averne acquistato una vecchia edizione da un rilegatore di via Tiraboschi. Pippi Calzelunghe.
Un po’ come i personaggi bislacchi e commoventi di Gianni Rodari, Pippi travolge il lettore con la forza irrefrenabile di un’immaginazione che prende spesso direzioni assurde e imprevedibili.
E così fin dalle prime pagine, scopriamo che Pippi è una bambina molto fortunata. E sapete perché?
Sentite:
“C’era stato, veramente, un tempo in cui Pippi aveva un papà cui voleva un monte di bene, e naturalmente anche una mamma; ma erano passati tanti anni che lei non riusciva a ricordarsi. La mamma infatti era morta quando Pippi era una bimba piccina piccina[…]
Suo padre era capitano di marina e navigava per il vasto mare. Pippi era sempre stata con lui sulla sua nave, finché un giorno, durante un temporale, egli era volato via ed era scomparso. Pippi però era sicurissima che una volta o l’altra il suo papà sarebbe ritornato: il pensiero che potesse esserse annegato non la sfiorava nemmeno. Era invece convinta che le onde l’avessero sospinto a terra, e precisamente in un’isola popolata di negri; lì suo padre era diventato il loro re e per tutto il giorno camminava su e giù con una corona d’oro sulla testa.
– Un angelo per mamma e un re di una tribù di negri per papà: non capita davvero a tutti i bambini d’avere due genitori così distinti! usava dire Pippi con aria soddisfatta.”
E poi è la bambina più forte e più coraggiosa, più buffa e più allegra, più ribelle, bugiarda, bizzarra e generosa, più assurda e divertente che si possa sperare di incontrare. Dorme coi piedi infilati nelle sue lunghe scarpe nere appoggiate sul cuscino e la testa in fondo al letto; cuoce frittate che continuano ad appiccicarsi al soffitto ogni volta che lei prova a farle saltare in padella; regala monete d’oro ai poveri ladri che hanno la sfortuna di passare da Villa Villacolle in una notte buia e si credono di poter derubare una bambina che vive tutta sola in quella grande casa.
Un giorno, ad esempio, se ne stava coi suoi due amici seduta davanti a Villa Villacolle a mangiare le pere appesi ai rami del pero accanto al cancello “quando passò una ragazzina proveniente dalla città. Appena s’accorse della loro presenza, si fermò e chiese:
– Avete forse visto il mio babbo passeggiare da queste parti?
– Ma, rispose Pippi, che tipo è? Ha gli occhi azzurri?
– Sì, disse la bambina.
– Di media statura, né troppo alto, né troppo basso?
– Sì, disse la bambina.
– Cappello nero e scarpe nere?
– Sì, sì, s’affrettò a confermare la bambina.
– Allora no, non l’abbiamo proprio visto, disse Pippi, decisa.
La bambina restò con un palmo di naso, e se ne andò senza dire una parola.
– Un momento! le strillò dietro Pippi. Eracalvo?
– Ma no, certo che no! rispose la bambina, furiosa.
– Meglio per lui, sentenziò Pippi, sputando un seme di pera.
La bambina riprese la via in fretta, ma di nuovo Pippi la richiamò:
– Aveva delle orecchie smisurate che gli arrivavano fino alle spalle?
– No, rispose la bambina, ma ritornò indietro di qualche passo, sbalordita. Non avrai mica visto sul serio un uomo camminare con delle orecchie così?
– Mai visto qualcuno camminare con le orecchie, disse Pippi. Tutti quelli che conosco camminano coi piedi.
– Ma va là, quanto sei stupida: intendevo dire se hai visto davvero un uomo con le orecchie così grandi.
– Per niente, disse Pippi. Un uomo con le orecchie tanto grandi non esiste. Avrebbe un aspetto davvero buffo, te lo immagini? Non si possono avere le orecchie smisurate a tal punto.
– O almeno nel nostro paese, precisò dopo un istante di meditazione. In Cina le cose vanno diversamente: vidi una volta a Shangai un cinese…”
La verve di Pippi è inesauribile e così continua imperterrita con una storia sempre più assurda.
Il cinese con le orecchie enormi, tanto grandi che le usava da mantello e ci si riparava sotto quando pioveva, diventa papà del piccolo Pietro – nome bizzarro per un cinesino, d’accordo, ma Hai Shang era così testardo che la moglie fu costretta ad accettare quel nome per il suo piccolo. E un giorno Pierino non volle mangiare il nido di rondine che la mamma gli aveva preparato per pranzo. Hai Shang s’infuriò e stabilì che finché Pierino non avesse mangiato il suo nido di rondine, non avrebbe avuto altro. Tuttavia, anche il piccolo Pietro era testaro e da maggio a ottobre insisté nel suo rifiuto, finché: “Morì. Di vera e propria ostinazione, il 18 ottobre, e fu seppellito il 19. E il 20 una rondine entrò volando dalla finestra e depose le sue uova nel nido di rondine, ch’era rimasto sulla tavola; così, nonostante tutto, servì a qualcosa. Tutto è bene, quel che finisce bene, concluse Pippi allegramente.”
Be’, chi si aspetterebbe un finale come questo in un libro per bambini? Mi pare, insomma, che riprendere tra le mani Pippi Calzelunghe, sia come fare il pieno di fantasia e di leggerezza, di energia vitale, di terso, gioioso anticonformismo.
Ma attenti, perché si rischia di ritrovarsi a gambe all’aria nel giro di cinque minuti, anzi di cinque righe appena! Poi, però, se ci si ferma un momento a guardarsi intorno, ci si accorge che con la testa in giù e i piedi all’insù il mondo ha un’aria diversa. E a volte fa bene ricordarlo.
la signora nilsson