Thomas Mann “Tonio Kröger”

mannicona-voto-asino2icona-voto-asino2icona-voto-asino2Tonio è il rampollo di una ricca famiglia di commercianti che presto conoscerà la decadenza. La sua è una vita di sommessi e sofferti contrasti a partire da quello fra il padre, dal carattere nordico “contemplativo, profondo, corretto per puritanesimo e tendente alla malinconia” e la madre “di sangue esotico indefinito, bella, sensuale, ingenua, negligente e al tempo stesso passionale e d’una trascuratezza impulsiva“.

Egli non riesce ad appartenere appieno a nessuno di tali mondi, così come non riesce ad appartenere né a quello, pur vagheggiato, della mondanità e del divertimento, rappresentato dal suo compagno di scuola Hans Hasen e dalla sua amica Inge Holm, che compaiono all’inizio e alla fine di questo racconto (il giovane Tonio è innamorato di entrambi), né a quello della riflessione interiore, rappresentato dalla carriera di scrittore di successo, che intraprende. Continua a leggere

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Thomas Mann“La montagna incantata”

mannLa M.I. è un romanzo che lascia il segno.

In alcune sue parti l’ho trovato faticoso, ma nel suo complesso è indiscutibile il suo valore.

Ho avuto la sensazione che sia un’opera un po’ destabilizzante, o almeno lo è stata per me.

Durante la lettura, ma forse ancor più nel periodo immediatamente successivo a questa, si sono lentamente insinuati dubbi nei miei pensieri più profondi.

Il tema centrale del libro è il senso della vita, il senso della morte e la percezione del tempo e, devo confessare, che le mie opinioni a riguardo si sono, per così dire, un po’ scombinate (perdonate il termine, ma non ne trovo uno più efficace).

Per un periodo abbastanza lungo non sono stato più sicuro di quello che avevo sempre pensato, prima della lettura. Tutto si è un po’ relativizzato ed è come se il valore della vita e il dramma della morte si siano stemperati in un unico pensiero, che le abbraccia entrambe e che le rende non così diametralmente opposte.

E’ un modo di pensare non rassicurante, che credo abbia a che fare con la concezione dell’universo e dell’esistenza della materia stessa.

Un modo laico di vedere la vita che ci può portare contemporaneamente a “non amarla in particolare” o a “decidere di amarla appassionatamente perché è così inconsistente e passeggera”. Il tema riguarda la nostra soggettività e il nostro essere, in cui i credenti sono molto rassicurati e in cui quelli che non lo sono, devono cavarsela da soli.

T.M. ce lo regala e ci invita a pensarci su….

Anche la mia percezione del tempo ne è rimasta influenzata, questa, però, in modo meno sorprendente dei precedenti pensieri, perché forse la concezione del tempo come quella descritta, era già precedentemente radicata in me ed il romanzo ha soltanto contribuito a renderla più chiara e più esplicita. Il tempo è relativo, ognuno di noi lo sa, ma l’occasione di rifletterci sopra evidenzia ulteriormente questa consapevolezza.

Mi è piaciuto moltissimo il lento scorrere degli anni in cui si dipana la degenza del protagonista e il loro confondersi in questo tempo indistinto che sembra, che è, realmente “incantato”. E, in questo procedere temporale senza discontinuità, senza coordinate che possano evidenziare un momento rispetto ad un altro, accadono comunque almeno due eventi che sottolineano una “rottura”, come peraltro avviene nella vita reale in cui accadono fatti che ci fanno dire un “prima” e un “dopo”.

Uno è legato all’insorgere di una passione, un amore intenso ma impossibile, quasi anacronistico, ma ugualmente totalizzante.

L’altro, che costituisce la conclusione del testo, è legato in modo paradossale alla vita ed alla morte. Dopo tanta indifferenza per la prima, il protagonista alla fine sceglie di viverla intensamente in modo esplicito ed attivo.

Trasgredendo il parere dei medici, che non vogliono dimetterlo (mantenendolo irrimediabilmente legato al suo passato indistinto) H.C. Decide di lasciare la casa di cura e di gettarsi nell’azione, andando a combattere in divisa la prima guerra mondiale.

Le ultime pagine del romanzo sono mirabili: una rappresentazione della guerra così cruda, violenta e disumanizzante come raramente mi era capitato di leggere e di “vedere” (si, sottolineo di “vedere” perché le immagini sono così realistiche e devastanti, che il lettore non può che vederle davanti ai suoi atterriti occhi…).

Ma perché poc’anzi ho detto “paradossale”? Perché C. nel momento stesso in cui decide di vivere intensamente la sua vita, andrà ad abbracciare la morte sul campo di battaglia, cruda e raccapricciante e così lontana da quella edulcorata e in qualche modo rarefatta accanto alla quale ha passato la sua esistenza fino a quel momento.

Insomma, romanzo densissimo e travolgente, capace di influenzare il lettore e di renderlo plastico nelle mani dello scrittore. Non mi è capitato così spesso di vivere una esperienza del genere leggendo un romanzo.

Ribadisco che vi sono frazioni decisamente ostiche, che richiedono una preparazione filosofica che non possiedo, ma sono convinto che anche rimanendo un po’ estranei a queste parti, si percepisce comunque il profondo valore dell’opera anche per chi, come me, non si è inoltrato nei livelli più profondi che il romanzo propone.

Da leggere, con determinazione.

Mr. Maturin

Thomas Mann “I Buddenbrook”

mannAncora una volta mi tocca in sorte la recensione di un grande classico. In realtà me lo merito. Avevo iniziato a leggerlo in età decisamente meno avanzata e con buona dose di superficialità e parecchia sufficienza, l’avevo gettato tra i libri nobili, ma noiosi. Così, all’alba della mia ragguardevole età, l’ho doverosamente ripreso in mano, l’ho ovviamente molto apprezzato e mi sono rassegnato a correre il rischio di scrivere due parole su questa esperienza.

Innanzi tutto, un cenno sulla sconfinata ammirazione per T.M., che è riuscito a scrivere questo colosso della letteratura a soli 25 anni. Non sembra possibile che a quell’età egli fosse così profondamente esperto dell’animo umano e delle emozioni che gli uomini, così diversi tra loro per esperienza ed età provano nel loro intimo. Insomma già tutti lo sapete, è un grandissimo romanzo.

Gli aspetti che mi hanno colpito sono molti, ma devo dire che mi ha intrigato parecchio una scena che ritengo centrale nella complessità del libro.

Siamo a circa due terzi dello scritto, abbiamo già conosciuto i personaggi e seguito in parte le loro storie. Si assiste ad una discussione piuttosto violenta tra Thomas e Christian, i due fratelli contrapposti, alla presenza anche della amata sorella Tony.

Lo scrittore ci ha preparati a questo incontro attraverso lunghe pagine, tra eventi sempre densi di analisi psicologiche raffinate. Abbiamo percepito dalle sue parole che stiamo percorrendo un cammino, un percorso talvolta sottinteso e talvolta più evidente che ci conduce a questa scena. E’ il momento emblematico del testo, in cui molti nodi vengono al pettine, il momento della resa dei conti tra le personalità che si sono delineate precedentemente. Dietro ad ognuna di queste personalità non vi è soltanto un personaggio che la rappresenta, ma un intero modo di vivere la vita, di sentire ed agire in funzione degli aspetti più profondi e più intimi, è uno scontro tra concezioni diametralmente opposte, ognuna con le sue lusinghe, con i suoi valori, i suoi limiti e le sue meschinità.

T.M si astiene dallo schierarsi apertamente a favore dell’uno o dell’altro, ma con impeccabile equilibrio ci descrive le ragioni d’essere dell’uno, come dell’altro, descrivendoci i pregi e i difetti, le intime difficoltà e le sofferenze che ognuno ha vissuto e che lo hanno portato ad agire nel suo modo, scelto con grande umanità e pertanto meritevole di grande comprensione.

L’uomo di potere, tra i fratelli è Thomas. Il vero capofamiglia ed il vero imprenditore. Se tutti gli altri famigliari hanno di che vivere agiatamente lo devono a lui. La sua razionalità, il suo pragmatismo ed il suo buon senso, lo hanno sempre portato a fare le scelte corrette, sia in campo economico che in quello famigliare.  Sopratutto per quelle riguardanti la vita della amata sorella Toni, infilatasi, è vero anche per cattivo consiglio dello stesso Thomas, in matrimoni del tutto sbagliati. Comunque questi, fatta ammenda degli errori commessi, ha agito successivamente come si doveva fare e con autorevolezza ed anticonformismo, ha tratto d’impiccio la povera sorella, che rischiava di continuare a condurre una vita indegna.

Fin qui, tutto bene, ma Thomas è una personalità sapientemente sfaccettata ed accanto alle citate qualità, affiorano anche i suoi lati oscuri. Thomas, il borghese, il leader carismatico, il detentore del potere e della saggezza, non è stato in grado per una sola volta in vita sua, di percepire profondamente e coltivare un sentimento. Per lui, le emozioni hanno sempre avuto una importanza relativa. Il più delle volte ha sostenuto che vanno ridimensionate, accantonate……diciamolo: represse! Tutto ciò per potere agire liberamente, con la logica del potere, dell’orgoglio e del profitto. Non voglio assolutamente demonizzarlo: senza uomini come lui, la vita sarebbe difficile e faticosa, ma ovviamente, con queste premesse, Thomas non ha avuto una vita né facile, né felice.

E’ stato anche generoso con i suoi familiari, ha aiutato tutti nel bisogno, ma non ha saputo per sé costruire una vita interiore. Non ha sposato una donna per amore e non è riuscito ad avere un rapporto di reale affetto con l’adorabile figlio Hanno, delizioso bambino, dalle doti diametralmente opposte a quelle del padre. Timido, spirituale e introverso, amante della musica, incapace di rivalità ed aggressività. Del tutto inadatto alla competizione del lavoro e della vita, non lo ha capito e non lo ha aiutato. Lo ha criticato senza coglierne i valori, non lo ha amato e non è stato amato. Ben triste destino per un padre!

T,con tutta la sua saggezza e la raffinata razionalità si è perso uno degli aspetti fondamentali della sua vita. E a noi, risveglia una certa compassione. Perchè in fondo lo capiamo, gli vogliamo anche bene, ma non possiamo certo condividere fino in fondo il suo modo di vivere,

Contrapposta a Thomas la figura del fratello Christian. Non vi può essere personalità più diversa. Christian è la decadenza fatta persona. Elegante, raffinato e inconcludente. In effetti è quello che si potrebbe definire un “buono a nulla”.

Non ha combinato niente nella vita, è stato salvato economicamente più volte dal fratello maggiore, ha sperperato soldi a destra e a manca senza alcun senso ed ovviamente non possiamo difendere il suo operato, ma ci è difficile comunque condannarlo completamente. Il suo è uno spirito leggero, fatto di ironia e di gusto della vita. E’ sensibile ed affezionato al fratello maggiore, dal quale desidererebbe più affetto e comprensione (è vero che Thomas lo ha sostenuto più volte, ma lo ha sempre fatto andando in suo aiuto più per dovere e decoro, che per affetto fraterno e C. lo ha sempre percepito con dolore).

C. passa le sue giornate al club, contornato da amici che lo adorano per le sue capacità comunicative e per la sua verve. Certo, il mondo non è fatto per tipi come lui, ed il suo modo di vivere ed essere normalmente non viene accolto in modo positivo.

Nello scontro si evidenziano le caratteristiche dei due personaggi. E’ evidente la maggiore solidità e il più profondo valore di Thomas, ma in effetti sembra emergere da parte sua una scarsa comprensione per le difficoltà psicologiche del fratello e tutto sommato una notevole freddezza. Sembra che in realtà T. sia pervaso da un malcelato egocentrismo, che lo porta ad agire in fondo solo per se stesso.

La terza protagonista dell’incontro e direi del Romanzo è la sorella Tony, amata da tutta la famiglia.

Tony è una personalità molto interessante perché , al contrario del fratello maggiore, ha conosciuto profondamente le emozioni ed ha provato il vero sincero amore. Ciò è avvenuto durante una vacanza estiva, in giovane età. Allora, si era innamorata semplicemente, con un trasporto scevro da ogni interesse di casta, di un ragazzo modesto, ma colto e brillante. T. ha saputo apprezzarne le qualità e lo ha amato sinceramente, ma la sua solida configurazione borghese ha avuto la meglio. Ha pianto nel lasciarlo, perché ha compreso in quel momento che agendo in questo modo, avrebbe perso la parte più preziosa della vita, ma con un senso intransigente del dovere ha capito che il decoro e il prestigio della sua famiglia, le chiedevano di agire secondo questa amara scelta. E T. non ha esitato: ii prestigio della famiglia è superiore ad ogni altra considerazione e in particolar modo ai desideri ed alle ambizioni personali. T. quindi sceglierà la strada dell’opportunità borghese, sapendo che ciò non potrà causarle altro che dolore.

Le cose, in realtà andranno addirittura peggio del prevedibile e non ci sarà da stupirsene: con premesse di tal genere è purtroppo facile costruirsi una vita d’inferno.

Tony però terrà duro e di ciò le va sicuramente reso il merito. Non piangerà su se stessa, non si considererà mai una vittima, ma manterrà la sua dignità fino in fondo, con l’orgoglio di sentirsi responsabile delle decisioni della propria vita e la consapevolezza (ma senza ombra di  commiserazione) dei propri errori.

In questa scena nodale in cui le personalità dei fratelli si scontrano e si accavallano, non appare invece un’altra minuscola figura, alla quale però voglio accennare perché mi è sembrata centrale nel messaggio del romanzo. Si tratta del tenero, piccolo amico di Hanno, il figlio di T.

Kai è figlio di nobili decaduti, i Molln, ormai ridotti in povertà, tanto che Kai è sempre un po’ arruffato e malconcio, anche se mostra costantemente una personalità forte e deliziosa. Egli incarna le caratteristiche più affascinanti dell’animo umano, anche se , purtroppo, non considerate le più utili…. Kai è l’artista, il poeta, la mente curiosa e creativa, colui che non contribuisce alla costruzione pragmatica del mondo, ma che lo riempie degli ingredienti che ne determinano la bellezza e il valore.

Kai e Hanno non sono particolarmente bravi a scuola, né particolarmente diligenti, ma hanno interessi e curiosità un po’ al di fuori del sapere costituito. Sanno godere della musica e della poesia, hanno interessi diversi e più nobili dei loro coetanei, ma spesso non riescono ad essere appezzati nel loro modo un po’ anarchico di conoscere.

Hanno e Kai sono amici intimi e inseparabili.

Hanno, ancora giovanissimo, morirà di tifo e trascorrerà lunghe strazianti ore quasi del tutto incosciente.

Solo la presenza del piccolo amico Kai riuscirà in un breve, fugace, toccante momento ad suscitare sulle sue esangui labbra un timido e stanco, ma sereno sorriso.

E’ un momento sublime.

L’amicizia trionfa, l’amore tra i due amici si rivela in tutta la sua forza, l’intimità artistica  erompe.

Sembrano tutte categorie marginali nel freddo mondo borghese, ma Mann non lo pensa.

E’ il momento in cui lo scrittore ci rivela che la nostra vita, fatta di lavoro, di obblighi, di consuetudini costrittive, di buon senso e di determinazione, in rari momenti magici si ferma e si accende di un valore superiore che ci imprime la forza e l’energia per affrontare tutto il resto.

E’ un po’ che ci giro intorno.

Al mondo esiste un dualismo tra produttività e sereno benessere, tra lavoro e arte. La società che ci siamo dati fondata su lavoro e sul profitto, sul dovere e sulla costrizione dell’individuo, non ci aiuta. Ci dà di che mangiare, ma ci succhia le energie più vitali che possediamo.

Non credo sia azzardato affermare che T.M nel suo romanzo voglia farci riflettere anche su questo.

Mr. Maturin