Mi sta sorgendo un dubbio.
Se è asino chi-non-legge, non lo sarà anche chi-troppo-legge? Io oggi mi sento così.
Non so se sia un vero ingorgo di parole di questi mesi estivi fatti di sole e lunghe pause all’ombra in compagnia dei libri, oppure un’irritazione intensa, profonda, nei confronti dell’ultimo libro che ho letto e pur mi è parso bello, intenso, scritto con sapienza, soprattutto nella prima parte.
Chiudere NEL TEMPO DI MEZZO di Fois mi ha lasciato insoddisfatta.
Non credo nei libri pugno-nello-stomaco. È forse questa l’indigestione che sto combattendo? Un intasamento di dolore? Sembra che Fois scriva il suo libro per dire che “si vive per soffrire e per morire” fingendo, fingendo soltanto, di aggiungere: “e si muore per rinascere”. Il Vangelo-secondo-Fois (suona un po’ assurda la visionarietà delle ultime pagine dopo la misura quasi classica della prima parte) non ha nessuna buona novella da portare agli uomini, se non un destino di sofferenza e dolore, e la promessa futura di nuovo dolore e nuova sofferenza.
Non credo, con V., che sia eroico guardare in faccia la cruda durezza della realtà. Sono convinta che l’uomo può fare di più, ossia trovare nella vita la bellezza, e che l’arte (anche di un buon libro) sta tutta lì, nel mostrarla, nel rivelarla, la bellezza che illumina la nostra vita. Senza questo, scrivere ( e leggere) mi pare in fondo inutile.
Fois scrive bene, benissimo, il suo «tempo di mezzo» è appassionante nella sua epica tragicità ma quando, nella seconda parte del romanzo, arriva il «tempo nuovo», e la sua pochezza, diventa forzato, bidimensionale, privo di respiro. Asfittico.
Non lo consiglio.
la signora nilsson