Natsume Sôseki “Io sono un gatto”

nat.pngNelle recensioni che ho scritto per l’Asino ho sempre parlato di libri che avevo appena letto, e generalmente di recente pubblicazione. Faccio un’eccezione in occasione della morte della mia gatta, con la quale ci siamo tenuti compagnia per diciassette anni scambiandoci reciprocamente affetto e stimoli, e parlo del più bel romanzo ‘gattesco’che io abbia mai letto.

Consiglio vivamente la lettura di questo libro anzitutto a chi ama i gatti e a chi è interessato alla letteratura giapponese, ma non solo: questo libro è un vero capolavoro. Sôseki è l’iniziatore della svolta occidentale della letteratura giapponese, padre del romanzo giapponese moderno e maestro riconosciuto di Kawabata e Mishima. In Giappone l’hanno addirittura messo sulle banconote da mille yen. Io sono un gatto è il suo primo romanzo, scritto nel 1905, e ha particolare importanza perché segna il passaggio del Giappone dalla tradizione alla modernità ( diciamo pure che il Giappone è stato un late comer ). L’io narrante è un gatto ( incipit: ” Io sono un gatto. Un nome ancora non ce l’ho “; non ce lo avrà mai, e gli altri gatti lo chiameranno ‘Senza nome’ e qualcosa vorrà dire ). Nel romanzo non succede quasi nulla, salvo le riflessioni del gatto sul mondo degli umani che vede attorno a sé, a cominciare dal professore di letteratura inglese presso cui vive – bandito il termine ‘ padrone ‘ ( riflessione mia, non dell’autore ) -, la sua famiglia e i suoi ospiti di cui il gatto segue e commenta con grande ironia comportamenti e dialoghi. Il gatto è il più filosofo degli animali ( altra riflessione mia, non si ammettono discussioni ) e questo fa parte della corrente più numerosa – fra i gatti – quella degli scettici. Il suo sguardo acuto si posa su un Giappone che sta appena uscendo da un medioevo durato quattro secoli più a lungo che in Europa e porta a riflessioni disarmanti come la seguente: ” Gli esseri umani parlano a vanvera per far passare il tempo, ridono di ciò che non fa ridere, considerano spassoso ciò che non lo è. Non sanno fare altro ”.

Sôseki ovviamente si diverte a nascondersi dietro gli occhi di un gatto per darci la sua interpretazione, spesso amara e spietata, dello stato culturale e morale del Giappone dell’inizio del ventesimo secolo. Gli esperti potranno giudicare se la storia e le tragedie dei successivi 40 anni si possono già vedere delineate in questo libro. Il mio parere di non esperto è affermativo, e certamente notevole è stata l’importanza di Sôseki come iniziatore di una nuova epoca letteraria giapponese. E la sua abilità di scrittore risalta nel riuscire a parlarci di una serie di avvenimenti epocali – l’uscita del Giappone da un anacronistico medioevo feudale avvenuta solo alla fine dell’Ottocento – non attraverso grandi eventi, ma piccoli fatti apparentemente banali di vita quotidiana. Filtrati, naturalmente, dalla grande sapienza della filosofia felina.

Finisco con una lunga citazione. I gatti non sono soltanto i più filosofi fra gli animali, ma anche i più sensuali. Giudicate voi se questo brano non surclassa tutte le Sfumature e altri romanzi erotici recenti e non:

” L’influenza femminile è veramente qualcosa di prodigioso. Da una fessura della siepe di cipressi getto un’occhiata intorno per controllare se Micetta c’è, e la vedo seduta compostamente nella veranda con un collarino nuovo nuovo in occasione del Capodanno. La curvatura della sua schiena è di un’avvenenza indicibile. Ha in sé tutta la bellezza che può contenere una linea curva. Il modo in cui tiene arrotolata la coda, in cui piega le zampe, il languore con cui muove a piccoli colpi le orecchie sono uno spettacolo di ineffabile leggiadria. Il piacere di stare seduta nella veranda calda e soleggiatale fa assumere un atteggiamento di calma e di compostezza, ma il suo pelo folto e morbido come velluto ondeggia sinuoso alla brezza leggera riflettendo la luce primaverile. Per un po’ rimango a contemplarla in ammirazione, finché e le faccio segno con la zampa davanti.”

P.S. Il gatto senza nome ha il manto giallo e grigio, m l’editore italiano ha scelto per la copertina che vedete sopra ( fra l’altro, è una foto di Cartier-Bresson ) un gatto di colore nero. Proprio come la mia.

Traddles

 

 

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