Michael Punke “Revenant – La storia vera di Hugh Glass e della sua vendetta”

reveA volte mi capita di essere affascinato dalla copertina di un libro, comincio a sfogliarlo, a leggere la quarta di copertina, mi convinco che potrebbe essere bello, e molto spesso non resisto all’acquisto. E’ il caso di questo “Revenant – La storia vera di Hugh Glass e della sua vendetta”, che ci trasporta nel grande West, all’inizio del diciannovesimo secolo, all’epoca dei trapper, delle compagnie che trafficavano in pellicce, delle prime guarnigioni di frontiera  e degli indiani ostili, del grande freddo, del ghiaccio e della morte in agguato in tutte le sue forme. La storia è molto semplice: Hugh Glass, un veterano della frontiera con un rocambolesco passato, si unisce a una spedizione militare come cacciatore, colui che, grazie alla sua freddezza e alla sua mira infallibile,  ha il compito di procacciare la carne fresca per i trapper e i militari durante tutto l’accidentato percorso. Un giorno Hugh viene assalito da un enorme grizzly e, nonostante riesca a colpirlo a morte, non può evitare di essere a sua volta straziato dagli artigli della belva. I suoi compagni, considerate le sue terribili ferite,   lo considerano non senza ragione condannato a morte inevitabile. Dopo alcuni giorni di agonia,  il comandante della spedizione, l’incerto e sfortunato capitano Henry, decide di proseguire il cammino,  lasciando un trapper e un ragazzo a vegliare il morente fino alla fine ritenuta inevitabile e prossima. Glass però non si decide a morire e dopo pochi giorni l’uomo, anche per il pericolo rappresentato da indiani ostili che si avvicinano, convince il ragazzo ad abbandonare Glass alla sua sorte, per di più spogliandolo di tutti i sui averi, fucile e coltello in primis.  Hugh però miracolosamente non muore, sopravvive attraverso mille peripezie e inizia il suo percorso in cerca della vendetta contro i due che l’hanno abbandonato. La vicenda si snoda in modo piuttosto prevedibile; per di più Punke non è un genio della scrittura, e quindi la lettura non risulta molto convincente né avvincente, salvo che la conclusione (anzi le conclusioni) non sono quello che ci si aspetterebbe. Apprendiamo poi dall’autore che la storia non è proprio vera, ma ispirata  a fatti avvenuti, raccontati con libera fantasia: a conti fatti forse sarebbe stato meglio evitare di mettere “una storia vera” nel titolo, almeno lo si sarebbe potuto considerare un romanzo, forse con maggiore credibilità e costrutto.

Silver 3

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