Questo corposo romanzone di 600 pagine è stato da molti definito, fin dalla sua apparizione nel 1944, un capolavoro. Io preferisco essere parco nell’uso di quel termine, ma certo ha tutte le caratteristiche per poter essere ritenuto tale, e almeno posso sbilanciarmi dicendo che vale senz’altro la pena di leggerlo e che, quando arriverete alla fine, sarete dispiaciuti che il libro non prosegua.
Si narrano le vicende di una grande famiglia borghese di Vienna, gli Alt, ( in tedesco: vecchio, nome credo non scelto a caso ) produttori di pianoforti ( da cui La melodia di Vienna, ma il titolo originale è L’angelo con la tromba ). La storia si svolge fra il 1888 e il 1938, ma le radici della famiglia risalgono al XVIII secolo, e in particolare a quando il fondatore fece costruire la grande casa che fa da sfondo a tutte le vicende. Casa che fu inaugurata nel 1790 con un concerto nel quale Il flauto magico venne suonato nientemeno che da Mozart in persona. E il romanzo è pieno di personaggi storici vissuti nella grande Vienna a cavallo fra ‘800 e ‘900, a cominciare dall’Imperatore Francesco Giuseppe, che Lothar ci fa incontrare dimostrando una grande abilità nel renderceli vivi e nell’integrarli nelle vicende della famiglia Alt. E anche la famiglia ha non pochi personaggi degni di nota, a cominciare dalla protagonista femminile, Henrietta, che entra nella famiglia con un matrimonio contrastato dopo aver avuto una relazione con l’erede al trono, che si suicida proprio il giorno delle sue nozze con Franz Alt. Donna ribelle ed anticonformista, domina la scena di tutto il romanzo, vi entra ventenne e ne esce, tragicamente, ormai settantenne; autrice di questo memorabile insegnamento alla figlia: ” Capirai più avanti che la perfetta arte della casalinga consiste nel rendere la vita impossibile a se stessa e agli altri “. Ci sono poi un ingessatissimo alto magistrato il cui mantra è ” non diamo spettacolo ” e il povero marito di Henrietta, Franz, che la ama alla follia re ne viene riamato solo quando è troppo tardi, e che si fa venire un colpo apoplettico ( allora gli ictus si chiamavano così ) alla notizia della cacciata degli i Asburgo. Senza dimenticare Hans, uno dei figli di Henrietta e Franz, personaggio di grande spessore e di grandi dolori, nato nello stesso anno di Lothar ed ispirato a un suo amico che poi sopravvivrà ai campi di concentramento nazisti. Qualcosa dello spirito caustico della madre l’ha ereditato, se ripensando agli anni scolastici fa questa amara considerazione: ” … non siamo stati educati a vivere! La nostra prima materia d’insegnamento è stata l’angoscia,! L’ultima, l’ironia! ” E poi ci sono le atmosfere di un impero in decadenza, la Grande Guerra, il vigore intellettuale di una Vienna che in quegli anni vede una incredibile abbondanza di personaggi di grande statura intellettuale. Qui appaiono, e a volte interagiscono con i personaggi di fantasia, Freud, Schnitzler, Zweig, Klimt, Schiele, Mahler, Strauss e probabilmente altri ne dimentico. E fa una breve apparizione anche il giovane austriaco Adolf Hitler, pittore di scarso talento, le cui follie stenderanno la loro cupa ombra sull’ultima parte del romanzo.
E a questo proposito mi piace ricordare che La melodia di Vienna apparve nel 1944 in America, dove Lothar si era rifugiato, ed era, per sua esplicita dichiarazione, il suo contributo alla lotta contro il nazismo. Esattamente la stessa posizione di altri due grandi viennesi, Popper e Hayek, che pubblicarono nello stesso anno i loro capolavori La società aperta e La strada verso la servitù. Anche loro, non potendo combattere il totalitarismo con la spada, impugnarono la penna. Da parte di Lothar, in più, c’è la volontà di tenere viva la memoria e la speranza dello spirito dell’Austria.
Torniamo alla nostra saga familiare, dove le vicende si snodano con notevole pathos: c’è anche un duello, poi un omicidio misterioso, e un membro della famiglia che abbraccia il nazismo e tenta un colpo di Stato. Insomma, gli ingredienti per un capolavoro ci sono tutti, e le vicende di una grande famiglia borghese non possono non far pensare ai Buddenbrook, che capolavoro lo è senz’altro. Quanto a La melodia di Vienna, credo che ci siamo abbastanza vicini ma non pretendo certo di essere io a poter dare certe etichette. Il mio unico criterio per definire un capolavoro è che qualcosa ti resta dentro, e ci pensi a distanza di anni. Quindi lo deciderò fra qualche anno. Intanto, il motivo principale che mi ha spinto a leggerlo è la mia passione per la Vienna di quel periodo, e in questo posso dirmi altamente soddisfatto.
traddles
sP.S.p ( solito Post Scriptum pignolo ) si dice, e forse è vero, che molti critici scrivono le loro recensioni senza aver letto i libri, ma si spera che almeno gli editori li leggano. Nella quarta di copertina ci viene detto che la storia della famiglia Alt si svolge dal 1888 al 1945. Se avesse letto il libro, il curatore si sarebbe accorto che le vicende narrate non possono arrivare al 1945, se non altro perché il libro è stato pubblicato, in inglese, nel 1944; in realtà si fermano al 1938. Del 1945 è un breve epilogo dell’autore scritto per l’edizione in tedesco per l’Austria finalmente liberata dal nazismo. Questo ha tratto in inganno il curatore, che almeno le ultime righe dell’epilogo le ha sicuramente lette. Errore perdonabile dunque. O no?