1968: vengono messi in palio premi (roba per la quale credo oggi a malapena si orgnizzerebbe una gara di canotti) per chi farà il giro del mondo a vela in solitario e senza scalo; impresa mai realizzata.
Per dare l’idea lo starter è fissato da giugno a ottobre. Partono in pochissimi. Fra questi Bernard Moitessier.
M., a bordo dello Joushua che ha costruito con le sue mani (altra roba oggi dell’altro mondo) parte da Playmouth, si fa tutto il giro e dopo sette mesi, anziché tornare in Inghilterra a prendersi il premio …
Da questa esperienza il nostro trae un libro che diventa in breve una specie di Bibbia per la gente di mare.
Non che vi sia nulla di particolare dal punto di vista strettamente letterario; sospetto anzi che le cose che M. vide e provò furono molto più forti e belle di come vengono descritte, ma lui non è tipo che sta lì troppo a dire e anzi alla fine, quasi stufo, tira via -l’ultima parte del viaggio, la più dura , viene a malapena accennata – e sbarella anche un po’.
Ma, al di là di ciò, il motivo per cui secondo me vale assolutamente la pena di leggere questo libro è per intuire, oltre alla straordinaria perizia marinaia di questi uomini, l’abisso che separa il loro mondo, forse perduto, da quello supertecnologico, cazzuto e iperprestazionale di oggi.
Questi qua della competizione sostanzialmente se ne fregavano (a un certo punto M. scrive: “Non ho fretta. Spero di non avere mai più in fretta in vita mia”) ; era gente affratellata da una comune e profonda passione e che, a differenza di oggi, partiva non per dimostrare di avere le palle, ma perché aveva le palle; dopo di che le ragioni del partire e soprattutto dell’andare erano tutt’altre fra cui, mi pare di aver capito, uno straordinario spirito di avventura (niente satellitari, niente barche d’appoggio, niente di niente: siamo soli davanti all’infinito, scrive M.); e poi una intima e quasi mistica simbiosi con la natura, e una aspirazione verso la profondità che passava attraverso un ascetico controllo del corpo, della mente, e delle possibilità dell’uno e dell’altra.
In ogni caso, una cosa complessa, spirituale, molto di pensiero.
Bellissimi i saluti all’arrivo:
-Come va fratello?
-Mica male, ragazzi.
-Non troppo duro?
-Non troppo; grazie per essere venuti.
-Grazie per essere arrivato.
Spero proprio sia andata così. Ma non c’è motivo di dubitarne.
Poronga