Jean-Marie G. Le Clézio “Diego e Frida”

di.pngLa mia ignoranza in materia di arti figurative ha poche lacune, sicché ho trascurato almeno un paio di mostre di Frida Kahlo che se avessi letto prima questo libro non mi sarei perso.

Frida era una persona straordinaria e  a suo modo commovente: minata da una grave malattia congenita e da un tremendo incidente che le capitò diciottenne menomandola e facendola molto soffrire per tutta la vita (gran parte dei suoi quadri, fra cui molti autoritratti, li dipinse costretta a letto), era ciononostante una donna vitale, febbrile e passionale, dalla stranissima bellezza, in gran parte racchiusa in uno sguardo nerissimo e dall’intensità quasi folle.

Nella sua vita ebbe tre grandi amori indissolubilmente legati: Diego Rivera (un gigantesco e quasi mitologico pittore che disegnava enormi murales), la pittura e il comunismo.

Visse in un periodo segnato da travolgenti venti di rivolta (la rivoluzione messicana, quella russa, la guerra civile in Spagna) e se ne fece totalmente possedere; fra i vari amori –uomini e donne- che le sono attribuiti, ma che mai oscurarono quello per Diego (che peraltro, pur amandola moltissimo, si diede per parte sua ancor più da fare in giro) anche quello per Trockji durante il suo periodo messicano, prima che venisse ucciso da un killer staliniano.

Forse il suo testamento spirituale è racchiuso in una delle sue ultime lettere: “Non soffro. Soltanto fatica, e com’è naturale, molto spesso provo disperazione… Ho molta volontà per la pittura. Sopra ogni cosa va trasformata, perché serva a qualcosa, perché fino a ora non ho fatto che dipingere l’espressione della mia onorevole persona, assolutamente estranea a tutto quello che può nella pittura essere utile al Partito. Devo lottare con tutte le mie forze perché quello che resta di positivo del mio stato di salute serva alla rivoluzione. È l’unica ragione che ho di continuare a vivere“.

Non ho mai visto un suo quadro, ma dalle fotografie che ho trovato mi sembra che la sua fosse un’arte primitiva, molto potente, e anche di grande struggimento; come del resto il suo amore per Diego, cui dedicava poesie bellissime.

Peccato che la biografia, dedicata a entrambi gli amanti, ma in cui la figura di Frida finisce per risaltare prepotentemente, anche se pure Diego era un personaggio notevolissimo, non mi ha convinto; l’ho trovata ferma alle intenzioni e molto ripetitiva, quasi che la ripetizione supplisca alla mancanza di plasticità e ispirazione.

Questo per dire che scrivere una biografia, quale ad esempio quella molto più bella dedicata a Lou Salomè e di cui si è già parlato sull’Asino, è tutt’altro che semplice, anche se si è un premio Nobel quale Clézio.

Poronga

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