Dire fare baciare… c’erano una volta le penitenze; e c’erano una volta le fiabe. Dirò subito che questa recensione nasce se non proprio come una penitenza almeno come una sfida e il mantenimento di una promessa. Altrimenti, non so onestamente se, a distanza di secoli da quando mia madre le lesse/raccontò a me e a vent’anni da quando io le lessi/raccontai a mio figlio, avrei ripreso in mano le fiabe di Perrault. Ma sono contento di averlo fatto, e le leggerò ai nipotini se mai ne avrò.
L’importanza di Perrault nella storia della letteratura sta nell’essere l’iniziatore della fiaba moderna. Probabilmente nessuna delle sue storie è del tutto originale, tutte si rifanno alle ricchissime tradizioni popolari, ma nella versione in cui sono arrivate sino a noi dopo oltre tre secoli, la sua opera di sistematizzazione è stata fondamentale.
Parlando di fiabe non si può non partire dalla tradizione classica, da Esopo e Fedro. Poi, a livello di letteratura scritta, non abbiamo granché. Le fiabe continuano a vivere nella tradizione orale e solo recentemente vengono raccolte e rivisitate da grandi autori ( basta pensare a Yeats per le fiabe irlandesi e al nostro Calvino per quelle italiane ). Ci sono stati poemi fiabeschi ( Basile e Ariosto ) e non stupisce il fatto che il genio eclettico per eccellenza, Leonardo, si sia cimentato anche nelle fiabe. Ma in sostanza molti secoli di silenzio, sino al risveglio nella seconda metà del Seicento con due autori francesi, La Fontaine e appunto Peraault. Mentre però La Fontaine riprende in tutto e per tutto la struttura delle favole di Esopo e Fedro – racconti brevissimi con significato morale lampante e didattico, protagonisti animali umanizzati – Perrault inizia davvero un nuovo genere. Le sue fiabe hanno per protagonisti persone reali, sia popolane che nobili, con l’aggiunta di orchi e fate. Anche lui ogni tanto inserisce animali ragionanti e parlanti – il lupo di Cappuccetto rosso, il gatto con gli stivali – ma anche qui lo fa in modo decisamente più moderno, e se proprio vogliamo trovare gli antenati dei personaggi di Disney li dobbiamo cercare in Perrault piuttosto che in La Fontaine e tanto meno nei loro predecessori dell’antichità greca e latina. Dopo Perrault sono arrivati i fratelli Grimm, Andersen, Lewis Carroll e tanti altri. Ma senza di lui non dico che non ci sarebbero stati, ma avrebbero scritto in modo diverso. Lui ha fissato lo standard.
Soprattutto, mi sembra che l’importanza di Perrault e il suo buon diritto ad avere un posto nella letteratura stia in due cose. La prima è come già detto avere iniziato un nuovo genere letterario: la fiaba non più come brevissimo apologo moralista, ma come un vero e proprio racconto, sia pur breve e ridotto all’essenziale, ma con presenti tutti gli elementi che distinguono questa forma narrativa, con prologo, caratterizzazione dei personaggi, epilogo e la capacità di ammaliare il lettore coi colpi di scena e la curiosità di vedere come va a finire. In altre parole, è anche una ottima iniziazione alla letteratura ” alta ” che si spera che i bambini, crescendo, impareranno ad apprezzare.
La seconda cosa è che da tre secoli l’immaginario collettivo di bambini e adulti si nutre di Cenerentola, Cappuccetto rosso, Pollicino e via dicendo. Probabilmente la tradizione orale avrebbe comunque tramandato queste storie, ma senza Perrault sarebbe stato molto diverso. E l’importanza del suo lavoro si vede anche nella grande quantità di riscritture e modifiche a cui le fiabe hanno dato spunto nel corso dei secoli. Anche per questo vale la pena di rileggersi quelle originali.
Astenendomi rigorosamente dal parlare delle interpretazioni psicoanalitiche e della polemica se sia giusto o sbagliato che nelle favole ci sia la violenza, la morte ed altro, mi limiterò a riportare alcune impressioni suscitate dalla mia rilettura. Intanto, alcune note generali. Perrault non è un semplice cantastorie, è un grande intellettuale che vive l’epoca del Re Sole ma anche il nascere della borghesia e le anticipazioni dell’illuminismo e del libertinismo. Per lui le fiabe non sono semplici raccontini per bambini, sono un modo per intervenire nella società. E’ un polemista che sul concetto di modernità ha avuto un aspro dibattito – e lo ha vinto – con un gigante come Racine. Parla di principi e principesse, di gioielli e vestiti sfarzosi, ma c’è sotto una chiara ironia, e spesso neanche tanto sotto. Perrault è un intellettuale borghese ma non un rivoluzionario, e deve fare i conti con la società nobiliare, ma si capisce che gli va stretta e ne soffre le assurdità. Ogni fiaba è seguita da una morale, a volte anche più di una, e qui è evidente la strizzata d’occhio al lettore, piccolo o grande. Queste brevi note morali sono in sé e per sé un capolavoro di ironia e di modernità. Non ci risparmia neanche un po’ di sciovinismo francese: ” il naso pustoloso e il colorito rubizzo degli svizzeri “. Né si risparmia l’autoironia quando, alla fine di Pelle d’asino, la definisce ” favola bella, non tanto veritiera “.E quando, sempre in Pelle d’asino si affronta un tema spinoso come l’incesto, con un re che vuole assolutamente sposare la figlia non curandosi dello sconcerto della corte, il re trova disposto a celebrare le nozze ” un gesuita accomodante ” ( papa Francesco perdonaci ).
Più nello specifico, Cappuccetto rosso finisce male. Il cacciatore che uccide il lupo e tira fuori nonna e nipote ancora vive qui non c’è: il lupo se le sbafa tutte e due, come è giusto che sia.
Barbablu invece finisce bene. La moglie se la vede brutta, ma viene salvata all’ultimo istante dall’intervento dei fratelli. A quel punto, scampato il pericolo, si può pensare, come è tipico della borghesia nascente, alle cose pratiche. La cospicua eredità di Barbablu servirà a compensare i fratelli, a trovare una marito alla sorella e infine ” il resto se lo tenne per sé, e più tardi poté sposare un perfetto gentiluomo “.
Pollicino, dopo aver salvato i fratelli e rubato all’orco gli stivali delle sette leghe, li mette a frutto e diventa ricchissimo anticipando i moderni corrieri: ” c’erano moltissime donne disposte a pagare qualsiasi somma per avere notizie dei loro amanti ( era il servizio che gli rendeva di più ); c’erano anche donne che gli affidavano lettere da consegnare ai loro mariti, ma questo era un servizio così poco richiesto e così mal pagato che non valeva neanche la pena di farlo figurare nella contabilità “. Penso che non tutti, allora come oggi, sarebbero d’accordo con questa visione dei doveri di fedeltà coniugale, tanto più se spiegata ai bambini!
Cenerentola è più o meno come la ricordavamo, ma il soprannome Cenerentola è un abbellimento di quello originale, che in realtà è Culdicenere, perché sta sempre seduta nel camino spento.
La bella addormentata nel bosco merita una analisi più approfondita, se non altro perché diversa dal mio ricordo, e scommetto anche dal vostro. Intanto il titolo originale è La bella nel bosco addormentato, più corretto perché non solo la bella dorme per cento anni, ma tutti gli altri personaggi della corte e persino gli animali del bosco. Poi il mio ricordo è che la fiaba finiva con l’arrivo del principe, bacio, risveglio, e vissero felici e contenti. Un bel cavolo! Il bacio – riprodotto in mille disegni e vignette scherzose – non c’è proprio, basta l’arrivo del principe a risvegliare tutti. In compenso si accenna maliziosamente alla prima notte di nozze: ” Dormirono poco ( la principessa aveva già dormito abbastanza ) “. Ma soprattutto la fiaba ha ulteriori sviluppi, perché la mamma del principe, che nel frattempo diventa re, è mezza donna e mezza orchessa, e a volte la sua natura di orchessa prende il sopravvento. Vuole mangiarsi la bella e i suoi due bambini. Solo l’arrivo improvviso del re sventerà il piano diabolico e la regina/orchessa troverà la morte nella stessa trappola che aveva preparato per la bella. Però la cosa non turba troppo il figlio: ” Il re provò anche un certo dispiacere, perché in fondo era sempre sua madre, ma si consolò in fretta con la sua bella moglie e i suoi bambini. ”
E almeno in questo caso voglio riportare alcuni versi della morale finale per mostrare come lo spirito di Perrault sia moderno e anche licenzioso come l’epoca a cui apparteneva:
Ma chiedere pazienza alle ragazze
che fremono per convolare a nozze
è come imporre loro una tortura,
perciò lasciamo fare alla natura.
Insomma, se avete figli o nipoti approfittate per riprendere in mano Perrault. Ma in fondo potreste farlo anche senza questa scusa e vi divertirete ugualmente confrontando il ricordo che è rimasto sedimentato in voi con le fiabe originali.
Traddles