Tove Jansson” Fair play “

IL Pubblico Ministero

Questo libro non vale un fico secco. Non è nemmeno un brutto libro. Semplicemente, non è un libro. Tanto per cominciare, non si capisce neanche se è un romanzo o una serie di racconti legati solo da alcuni personaggi comuni. A parte i due diciamo così principali – sui quali tornerò e avrò molto da dire! – gli altri personaggi appaiono e scompaiono come fantasmi, di loro non si sa nulla, ci fanno rimpiangere la servetta che entra in scena solo per annunciare che la cena è servita. Nessun approfondimento, non sappiamo che lavoro fanno e neppure il loro aspetto fisico. Di nessuno, ripeto nessuno, la signora Jansson si sforza di darci almeno qualche ragguaglio sul vestiario. Perché questo sforzo dovrebbe farlo il lettore, che in fondo paga fior di quattrini?  Dovremmo capire tutto di loro solo dai gesti e dalle poche battute che l’autrice mette loro in bocca? Francamente, mi sembra pretendere un po’ troppo dal povero lettore. E soprattutto, in questo non-libro non succede niente. Il lettore ha diritto di trovare una storia, un inizio, una fine, dei colpi di scena; qui non trova nulla di tutto ciò.

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Tove Jansson “Il libro dell’estate”

toicona-voto-asino2icona-voto-asino2icona-voto-asino2icona-voto-asino2icona-voto-asino2Uno dei gioielli più luminosi della letteratura nordica.

Un libro splendido, allegro e disincantato, ironico e divertente, suggestivo e triste, sognante e pensoso da leggere e rileggere.

I semplici riti della quotidianità, la noia di una lunga estate marina, le minuscole avventure tra le rocce e la boscaglia che vi cresce intorno segnano le interminabili giornate trascorse su un’isola remota dell’arcipelago finlandese da una bimba e la nonna che osservano quanto le circonda con la provocatoria e spesso brutale franchezza di cui è capace chi non ha più (o ancora) nulla da perdere. Due personaggi femminili che contemplano la vita una con l’intimorita curiosità di chi vi dovrà presto nuotare dentro senza salvagente, e l’altra con quella strana, anelante stanchezza di chi ha la consapevolezza di doverla presto abbandonare.

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