Julian Barnes “Amore, ecc.”

Chi si arrischierebbe a scrivere un romanzo basato su una delle trame più trite, ossia l’uomo che si innamora della moglie del proprio migliore amico? Julian Barnes accetta la sfida, ma secondo me la perde.

Barnes sembra affidare le sue chances soprattutto a Oliver, il terzo incomodo, un trentenne squattrinato quanto colto e raffinato; una sorta di dandy al cubo al punto che quando era più giovane, nei suoi viaggi in autostop, si rifiutava di accettare passaggi da auto che non fossero di suo gradimento. Il tutto nella costernazione di Stuart, suo grande amico, e a lui opposto in tutto e per tutto: pragmatico, diretto  ed essenziale  laddove Oliver è strabordante, logorroico e perennemente sopra le righe.

Stuart si innamora, ricambiato, da Gillian, una ragazza dall’incantevole carattere pari alla sua notevole bellezza (nel libro non lo si dice, ma lo si fa capire in tutti i modi).

Oliver, come detto, a un certo punto se ne innamora perdutamente, e quando se ne accorge la sottopone a una corte lunare quanto spietata, cui la poveretta, dopo una strenua resistenza, non può rimanere indifferente anche perché Oliver , ovviamente, è bellissimo.

La tecnica scelta è quella del romanzo polifonico, in cui i protagonisti, oltre a qualche altro personaggio avventizio, raccontano gli avvenimenti.

Intendiamoci, Bernes ci sa fare, però lo sforzo costante di essere a tutti i costi brillante, spiritoso, originale, che profonde massimamente allorché fa parlare Oliver, si traduce in un libro complessivamente verboso e stucchevole fino alla petulanza, sicché, giunto a ¾,  sono crollato, affrettandomi a chiuderlo.

Poronga

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