La vita francese narrata è quella di Paul Blick: la assurda morte del fratellino maggiore, l’entusiastica adesione al maggio francese e ai suoi sogni, una tanto regalata quanto inutile laurea in sociologia, l’iniziale lavoro di bidello, poi quello di giornalista presso un famoso periodico sportivo, il matrimonio con la bellissima figlia del padrone subito assorbita dalla sua attività di capitana di industria, i figli e il lavoro di “mammo” ante litteram, la relazione extraconiugale con una amica di famiglia dal sedere spaziale (in estasi perché Paul non indossa le mutande: vabbè), la fama mondiale ottenuta di colpo quale fotografo (ma non occorre un lungo apprendistato?), il vertice di carriera allorché François Mitterrand gli chiede di scattargli delle fotografie, il rifiuto, e di qui in poi il rapido declino: il tragico tracollo affettivo e finanziario, la morte della amata madre, il nuovo lavoro di giardiniere, la figlia colpita da una grave forma di depressione.
I capitoli sono scanditi dai periodi di presidenza della Francia, da de Gaulle “con il suo chepì da custode dei giardinetti” (esilarante) al secondo mandato Chirac, ma si tratta di una -per quanto abbastanza accattivante(o è meglio dire furba?)- trovata letteraria che ha un impatto abbastanza blando sul romanzo.
Dubois mette su una bella storiona anche accattivante e che si fa leggere, ma che cade in alcuni stereotipi che non ho gradito. Un libro che però, tutto sommato, è onesto e sincero; soprattutto dominato da una tristezza e un pessimismo di fondo che la frase finale ben simboleggia: “la vita non è altro che quel filamento illusorio che ci lega agli altri e ci fa credere che, per il tempo di un’esistenza che pensiamo essenziale, siamo semplicemente qualcosa piuttosto che niente”.
Poronga
Mi sembra un giudizio molto generoso… da parte di Poronga leggendo la recensione io avrei messo 1 testa Silver3