Nel 1940 Londra è sotto i bombardamenti tedeschi. Come qualsiasi altra coppia i reali, che si rifiutano di lasciare la capitale, sono preoccupati per l’incolumità delle loro due figlie. Decidono allora di trasferirle in gran segreto in una località sicura.
Da questo fatto vero B. prende spunto per allestire la sua storia. Le principesse non vengono, come avvenne in realtà, trasferite in Scozia ma nella neutrale Irlanda presso una residenza nobiliare alquanto decrepita e cadente (“un posto orrendo”, lo definiscono le due ragazzette, dove “non succede mai niente”), come del resto decrepito e cadente è il lontano e anziano parente che la abita.
Custodite da due discrete guardie del corpo, vedono ben presto scoperta la loro identità dalla piccola comunità locale, il che le espone a un tentativo di rapimento da parte dell’IRA, che così come viene descritta appare una formazione agguerrita ma abbastanza scalcagnata.
B. gioca con la storia minore (fra i protagonisti vi è anche il figlio di de Valera) e a descrivere il privato e il quotidiano delle due ragazzette; sorprendiamo così la futura regina mentre si sta infilando le mutande, o che emana un cattivo sentore per aver vomitato lungo tutto il corso della traversata fra l’Inghilterra e l’Irlanda, o che danza rapita un valzer immaginario stringendo un abito sbiadito e odorante di canfora, trovato in uno dei tanti polverosi armadi della magione. Il che non le impedisce di mostrarsi come una ragazza molto seria, perché “essere seria era una parte del suo lavoro”.
Il personaggio più divertente è riuscito è la decenne principessina Anne, intraprendente e linguacciuta, che non esita a chiedere a un membro della variopinta servitù locale di mostrarle come fa a togliersi dall’orbita l’occhio di vetro.
B. dà l’impressione di volersi divertire; la qualità letteraria c’è, ma questo è il romanzo sicuramente meno significativo fra quelli che ho letto, tutti commentati sull’Asino.
Poronga