Gianrico Carofiglio è piuttosto presuntuosetto e parecchio narcisista, però mi è simpatico…sono difetti accettabili per chi se li può permettere e, lui, se lo può permettere.
Non avevo mai letto niente di suo ed ho iniziato con “La misura del tempo”, che ho trovato notevole.
Si tratta di un romanzo in cui più generi si intersecano in modo equilibrato.
Lo definirei di massima un romanzo giudiziario (che in realtà ha poco a che fare con il classico legal thriller di matrice anglosassone), ma anche in parte un romanzo di formazione, in cui la riflessione esistenziale non è per niente secondaria. In fondo, già il titolo ce lo rivela.
Per quanto riguarda la parte giudiziaria, ho trovato il romanzo decisamente appassionante e ricchissimo di quelle riflessioni che mettono in relazione l’etica e la tecnica processuale. Che ci fanno capire come il procedere del dibattimento debba tenere conto della normativa, ma che debba se vuole essere equo, riuscire a trovarne una interpretazione che ne garantisca una validità soprattutto morale.
Un impresa che sembrerebbe disperata, in quanto ad un ignaro appare quasi impossibile che si possano determinare preventivamente una serie di regole assolutamente rigorose, ma altrettanto flessibili (lo dimostrano le innumerevoli Obbiezioni, talvolta accettate, talvolta rifiutate…) da garantire contemporaneamente una precisa analisi di fatti che nessuno inizialmente conosce, la punizione del colpevole (se di colpevole si tratta) e soprattutto la garanzia che l’imputato abbia tutte opportunità di dimostrare la sua presunta innocenza davanti alla legge.
Insomma, seguire la logica del processo narrato da Carofiglio, sorprende per la raffinatezza del pensiero dell’avvocato protagonista che si integra perfettamente in una complessa normativa che garantisce lo svolgersi di un processo rigoroso, ma altrettanto equo.
Tutto ciò purtroppo non è detto che garantisca sentenze sempre giuste o non provochi errori giudiziari. Questo lo sappiamo. Giudicare qualcuno è il più arduo e scivoloso dei mestieri.
Per quanto riguarda la parte che ho definito più esistenziale, essa si interseca tramite sapienti flashback alla vicenda processuale.
Coprotagonista insieme all’avvocato Guido Guerrieri, personaggio principale, è Lorenza, la madre dell’imputato al processo.
Questa parte, non è per niente accessoria, come potrebbe apparire. Anzi, devo sottolineare quanto questa vicenda narrata da un lontano passato, serva a comprendere a fondo la personalità che il protagonista si è venuto a costruire, anche attraverso quei lontani fatti.
Per cui non due storie artificialmente accostate (come accade purtroppo in una infinità di mediocri romanzi…), ma due storie avvenute in tempi diversi che spiegano profondamente l’evoluzione delle personalità dei protagonisti nella vicenda che ci viene narrata nel presente.
I personaggi sono decisamente sfaccettati e va riconosciuto a Carofiglio il merito di averli costruiti con grande misura, con grande profondità e con gran rispetto di ciò che le persone sono nel reale.
Il tempo è l’ultimo protagonista del romanzo, ma non il meno importante.
Le profonde riflessioni di Guido che ci accompagnano in tutto l’iter della vicenda, presenti in modo discontinuo, ma in realtà sempre presenti almeno sottotraccia, costituiscono, malgrado i fatti che si intrecciano ad ogni pagina, la vera ossatura fondamentale del racconto.
Il tempo, grande mistero: stupendo oggetto di studio per la fisica, immane contraddittoria entità che permea le nostre vite.
In definitiva, un gran buon romanzo, in alcuni punti minimamente didascalico, ma molto profondo e di grande significato letterario.
Molto appassionante da leggere.
Mr. Maturin