Niente da fare, io con Flaubert proprio non ci prendo.
Dopo precedenti esperienze, non esaltanti quando non proprio deludenti, ho riprovato con la sua ultima grande opera, che ho addirittura trovato la peggiore. La vicenda del giovane rampollo di provincia Frédéric Moreau e del suo travolgente amore a prima vista per Marie Arnoux, moglie del ricco e ambiguo Jacques, l’ho trovata lenta, fiacca; tutto un andare e venire fra salotti, feste, chiacchere, maneggi; e in, tale contesto, descrizioni ed elenchi interminabili e stucchevoli. Anche i frequenti e fitti riferimenti alle cronache di allora, se certamente interessanti per i lettori dell’epoca, finiscono, letti oggi, per non dire molto, poco aggiungendo al contesto storico che precedette i moti del ’48.Francamente a me Flaubert sembra una specie di Proust privo delle sue (straordinarie) capacità analitiche e descrittive: ne rimane un che di fatuo che, dopo due o trecento pagine, mi ha stroncato.
Mi sa che alla fine riprenderò in mano da dove l’ho interrotto “Bouvard e Pécuchet”,che mi sembra la sua cosa migliore cui mi sono avvicinato.
Poronga